L'intervento dei soccorritori di Eduardo Birmajer, dopo essere stato accoltellato

"Così i palestinesi hanno ucciso mio fratello"

Maurizio Stefanini
Lo scrittore argentino Marcelo Birmajer racconta la morte di Eduardo, partito in Israele "per portare la pace" e accoltellato "a tradimento". "L'unica soluzione al conflitto è il riconoscimento dei reciproci stati", scrive
“Lo scorso mercoledì 23 dicembre 2015, mio fratello Eduardo Birmajer è stato assassinato a coltellate e a tradimento, essendo come suo solito disarmato, da due palestinesi fondamentalisti islamici, in un attacco terrorista anti-ebraico, a Gerusalemme, la città di Davide e Salomone”. Marcelo Birmajer, che racconta questa storia, è uno scrittore e sceneggiatore cinematografico argentino abbastanza noto. Classe 1966, collabora con giornali influenti come gli argentini Clarín e Fierro, gli spagnoli ABC, País e il Mundo e il cileno Mercurio. Per due volte, in patria, ha ricevuto il premio Konex: nel 2004 come uno dei cinque migliori scrittori di letteratura giovanile del quinquennio precedente; nel 2011 come uno dei cinque migliori sceneggiatori della decade. Un film ispirato a un suo soggetto ha vinto nel 2004 anche l’Orso d’argento a Berlino: “El abrazo partido”, in italiano “L’abbraccio perduto”. E molti suoi libri sono stati tradotti in una quantità di lingue (in particolare, nella nostra lingue sono reperibili tre titoli: “Storia di una donna”, “Storie di uomini sposati” e “L’anima al diavolo”). Uno dei suoi temi ricorrenti è appunto una sofferta ebraicità: il protagonista dell’Abbraccio perduto è, ad esempio, un giovane ebreo argentino il cui padre è andato in Israele, e la cui nonna reagisce con orrore quando sa che per emigrare in Europa il nipote sta cercando di ottenere il passaporto della Polonia da cui lei era dovuta scappare durante la Seconda Guerra Mondiale.

 

È un eco di travagli e diatribe che anche Marcelo ha avuto con Eduardo, quando il fratello ha deciso prima di farsi religioso osservante e poi di andare in Israele. “Si interposero tra di noi vari inconvenienti”, ricorda. “Gli costava molto venire a casa mia perché io, sebbene rispetti tutte le regole della mia tribù, ne osservo molto poche. Inoltre ci furono discussioni filosofiche ed esistenziali. Ma a un certo punto scoprii una frase che ci ha unito per il resto della nostra relazione: incontriamoci dove ci possiamo incontrare”. Di “Edu”, devoto ma non estremista, Marcelo ricorda: “Mio fratello è morto accoltellato, sebbene tentasse di fare la pace. Lo faceva nell’unica maniera possibile, insegnando i dieci comandamenti: non uccidere, non mentire, non rubare. Per questo gli idolatri lo hanno ucciso”.

 

[**Video_box_2**]Dopo la morte del fratello, ovviamente, la testimonianza del famoso scrittore è stata sollecitata dai media. Ma lui ha deciso di prendersi una pausa di riflessione di una settimana, prima di scrivere per Clarín un ricordo di Edu che è anche una protesta e una lettera aperta. “I due terroristi palestinesi sono stati disposti e dare le proprie vite pur di uccidere un ebreo disarmato, a tradimento”, è la conclusione. “Eguale ai nazisti, che quando i russi avanzavano sulla Germania, alla fine della guerra, spazzando via tutto, preferivano continuare a uccidere ebrei piuttosto che fuggire. Indipendentemente da questi assassini islamofascisti, che non sono in relazione con alcun conflitto territoriale, continuo a credere che la miglior soluzione per il conflitto dei palestinesi con gli israeliani è che la leadership e la popolazione palestinese accettino l’esistenza dello stato ebraico, e per la prima volta accettino e costruiscano uno stato palestinese. Che i leader palestinesi neutralizzino gli assassini palestinesi invece di incoraggiarli. Da ciò dipende la pace”.

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