Mark Zuckerberg (foto LaPresse)

L'utopia (anche cinica) dietro la nuova filantropia tecnologica di Zuckerberg

Eugenio Cau
Il modo tutto peculiare in cui i giovani miliardari della Silicon Valley si stanno trasformando nei più munifici benefattori del mondo. Da martedì la corona tra i nuovi filantropi spetta al fondatore di Facebook, che insieme a sua moglie Priscilla Chan e in occasione della nascita della figlia Max ha annunciato quella che forse è la più grande donazione benefica della storia.

Roma. Sean Parker, cofondatore di Napster e collaboratore allo sviluppo di Facebook, ne aveva già dato una definizione lo scorso giugno in un op-ed sul Wall Street Journal. “Filantropia da hacker”, l’aveva chiamata, descrivendo il modo tutto peculiare in cui i giovani miliardari della Silicon Valley si stavano trasformando nei più munifici benefattori del mondo. Da martedì la corona tra i nuovi filantropi spetta a Mark Zuckerberg, che insieme a sua moglie Priscilla Chan e in occasione della nascita della figlia Max ha annunciato quella che forse è la più grande donazione benefica della storia, promettendo di donare nel corso della sua vita il 99 per cento delle sue quote di Facebook per un valore di 45 miliardi di dollari. Della “new philanthropy”, o filantropia da hacker, come scrive Parker, nell’ultimo anno si sono occupati molti esperti.

 

La cifra massima della nuova filantropia è quell’idealismo, al tempo stesso utopico e cinico, che informa di sé la gran parte delle attività dei giganti della tecnologia. “Dentro alla Silicon Valley gli imprenditori tendono a illudersi di non essere come gli altri ricchi, perché le loro tecnologie stanno ‘rendendo il mondo un posto migliore’”, ha detto Steve Hilton, ex collaboratore del premier inglese David Cameron e oggi fondatore di una start-up politica, ad Alessandra Stanley sul New York Times. Questa illusione echeggia anche nel manifesto di Sean Parker, che definisce la “filantropia tradizionale” un “mondo strano e alieno fatto di istituzioni in gran parte vetuste”, fatto per vecchi miliardari che hanno passato la vita a fare profitto e una volta in pensione vogliono lavarsi la coscienza. Gli imprenditori della Silicon Valley, dice, sono diversi, loro sono in missione da sempre, e sono sinceramente convinti che il loro lavoro stia rivoluzionando il mondo come mai era successo prima, e che lo stia facendo per il meglio. “La tecno utopia degli hacker ha già cambiato le nostre vite. Ma il contributo più grande deve ancora venire”, scrive Parker. C’è una fortissima (e spesso fumosa) giustificazione ideale in ogni mossa di Facebook come di Google, e per uno come Zuckerberg donare le proprie fortune è la conseguenza naturale del proprio lavoro, perché Facebook è già di per sé un’attività che contribuisce al bene del pianeta, nonostante le molte (e ben circostanziate) opinioni contrarie. La nuova filantropia è un elemento strutturale del cosiddetto spirito della Silicon Valley, è un modo per rafforzare lo stesso concetto, per far vedere al mondo che Zuck e gli altri sono “the real thing”: Facebook è in missione per il bene di tutti,  do perfino i miei soldi in beneficenza per dimostrarlo.

 

[**Video_box_2**]Ma la filantropia degli hacker ha anche un’altra caratteristica: la beneficenza deve essere ingegnerizzata per ottenere il massimo beneficio, secondo il principio per cui è l’innovazione, non il denaro la vera misura del valore. “Gli imprenditori del tech sono convinti che la loro attività caritatevole sia più ardita, più grande e più data-driven di quella di chiunque altro”, scrive Stanley, e anche per Parker uno dei punti cardini della nuova filantropia è “seguire le logiche di mercato”. Un comandamento preso alla lettera dal fondatore di Facebook, che non donerà le sue fortune a un ente caritativo o a una fondazione no profit, ma a una società llc (limited liability company; il corrispettivo più vicino in Italia è una srl) chiamata Chan Zuckerberg Initiative, che al contrario delle normali fondazioni potrà investire in attività a scopo di lucro (la coppia ha promesso che tutti gli introiti saranno reinvestiti in nuove attività benefiche). E’ un espediente utilizzato anche da altre figure della Valley che si sono dedicate alla filantropia, come la vedova di Steve Jobs, Laurene Powell, o il cofondatore di Facebook Dustin Moskovitz. La creazione di una llc sembra gettare un’ombra sull’operazione di Zuck, ma è perfettamente in linea con l’idealismo cinico della Silicon Valley, che cambia il mondo per il bene di tutti noi, ma ne mantiene il saldo controllo.

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.