L'apostasia dell'Europa

Redazione
Recuperare le radici cristiane per vincere “l’incompetenza morale”

"Moralmente incompetente" è un’espressione ben riuscita in un lavoro di narrativa, nell’editoriale di un giornale e riferita alla condizione dell’Europa si colloca nel registro della tragedia. La frase completa di Bret Stephens sul Wall Street Journal è: “L’Europa sta morendo perché è diventata moralmente incompetente”. Stephens non cade nella semplificazione del vecchio mondo che non crede in niente, perché gli europei credono in un sacco di cose, la tolleranza, i diritti umani, l’ambiente, ma “sono convinzioni superficiali, sostenute superficialmente”, “carine ma secondarie”. Quello in cui gli europei non credono più “sono le cose da cui le loro convinzioni sono scaturite”, cioè la tradizione giudaico-cristiana, con tutto il suo portato in termini di libertà e capacità di costruire una società prospera.

 

Qualche malconcia infiorescenza dell’uomo europeo è rimasta, ma le radici si sono inabissate, e quando si tratta di tracciare linee di demarcazione chiare – vedi politiche d’immigrazione – l’Europa non ha la competenza morale per decidersi. Stephens prende a esempio la diplomazia di Angela Merkel, cancelliera del gran pilastro continentale e leader di un partito cristiano, che accoglie le richieste della Turchia e si fa garante dell’accelerazione del processo che la porterà in Europa. In cambio, Merkel fa le “richieste civiche” che gli europei di solito fanno, ignorando, o fingendo di non sapere, che l’islam di Erdogan le sue radici non le ha scordate. E’ la “singolare forma di apostasia” di cui parlava Benedetto XVI, profetizzando: “L’Europa ha bisogno di una nuova accettazione di se stessa se davvero vuole sopravvivere”.

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