Effetto cougar

Annalena Benini
La femminista “hot” accetta il vino dagli sconosciuti ma non gli errori di grammatica nel sexting. Nella costruzione di un femminismo attraente, non nemico degli uomini e non troppo severo con le donne, hanno grande importanza le regole del flirtare.

Nella costruzione di un femminismo attraente, non nemico degli uomini e non troppo severo con le donne, hanno grande importanza le regole del flirtare. Si può accettare che un uomo offra da bere, paghi il cinema, ci faccia entrare al ristorante per prime allo scopo di guardarci il sedere? E possiamo, noi, guardargli il sedere quando compra i biglietti del cinema senza sentirci compromesse, corrotte e mercificanti? Secondo Polly Vernon, giornalista inglese di costume e cultura, quarantatreenne autrice di un saggio scanzonato intitolato “Hot feminist”, bisogna celebrare, da femministe non giudicanti, tutto ciò che si può fare come una conquista, compresi i fidanzati di quindici anni più giovani.

 

“Il piacere assoluto di uscire con un tizio che non è impantanato in una miserabile crisi di mezza età” è un gesto femminista, così come la rivelazione che le donne non sono, come gli uomini hanno sempre pensato, gli esseri umani adulti della specie, ma hanno conquistato la libertà di essere anche sciocche, superficiali e avventate come gli uomini, almeno in un senso sentimentale e sessuale. Abbiamo raggiunto la parità di leggerezza e di tormento, ed è importante che il mondo sappia, dice Polly Vernon, che le donne discutono delle parti del corpo degli uomini con la stessa accuratezza e passione con cui gli uomini si scambiano opinioni e delusioni nella vivisezione filosofica dei corpi femminili. Affinché non ci siano fraintendimenti ideologici sulle regole dell’attrazione, la femminista “hot” (definizione non felicissima che rivela la necessità di spiegare la propria sfrontatezza, modernità e avvenenza) fa sapere al mondo che un uomo che offre da bere a una donna non la sta compromettendo come femminista, non la sta obbligando a fare niente di diverso da accettare, se vuole, un bicchiere di vino, anzi non c’è neanche l’obbligo di una conversazione noiosa (però se non si vuole nemmeno parlare del tempo e dello stato dei mezzi pubblici forse non è il caso di accettare nessun drink). La femminista non fa mai le vocette da bambina, parla di politica, religione, guerra anche mentre sta flirtando, non rinuncia a dire le parolacce per fare buona impressione, non accetta errori grammaticali nel sexting e, se un uomo dice che la sua ex era “completamente pazza”, la femminista non mostra nessun interesse né soddisfazione. Se un uomo le dice: “Scommetto che quasi nessuno ti dice quanto sei bella” (ma non può esistere un cretino simile), lei saggiamente saluta e si dissolve. E dentro questo manifesto di saggezza libertaria, secondo il quale gli uomini che parlano troppo di sé e non ascoltano sono sempre terribili a letto, c’è anche la prova di forza: prendere un rifiuto (uno sparimento, un addio, una dimostrazione di disinteresse) con serenità: la femminista “hot” si ritira in buon ordine e si congratula con se stessa per aver rischiato e perso.

Di più su questi argomenti:
  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.