Philippe Val, ex direttore di Charlie Hebdo

L'ex direttore di Charlie Hebdo le suona ai bobos islamofili

Giulio Meotti
Philippe Val attacca gli intellettuali moralisti della sinistra francese che accusano di blasfemia la satira su Maometto e l'islam.

Roma. Alcuni giorni fa il più famoso vignettista di Charlie Hebdo, “Luz”, ha dichiarato che non avrebbe più realizzato caricature di Maometto. Poi, rispondendo a una domanda sul suo ex direttore Philippe Val, secondo il quale i terroristi in questo modo l’avrebbero avuta vinta, Luz ha replicato: “Non è più se stesso e sia chiaro che parla soltanto a suo nome. Fa solo parte della storia di Charlie”. In effetti Philippe Val ha fatto la storia di Charlie Hebdo. Lo ha diretto per diciassette anni, dal 1992 al 2009. Attorno a Val, le autorità francesi hanno rafforzato la protezione della polizia dopo la strage di Parigi alla sede del giornale satirico. Val ha dovuto anche affrontare da imputato il famoso processo per “islamofobia” intentatogli dalle organizzazione musulmane di Francia (ne è uscito assolto). Sotto Val, Charlie Hebdo è stato al centro di tutte le pressioni subite dall’occidente in questa guerra sulla libertà di parola. Pressione fisica, prima di tutto, con le bombe molotov lanciate contro la sede del giornale. Ma anche pressione legale. “Un processo medievale – disse l’allora direttore Philippe Val – La nostra arma per opporci alla minaccia integralista è la penna. Ci chiedono di deporla”.

 

Il libertario Philippe Val non è un intellettuale organico alla gauche, uno dei tipici “bobos” che occupano le redazioni rispettabili. Val non è mai stato amato dalla sinistra. Gli rimproverano il sostegno alla guerra in Kosovo, il “sì” al referendum sul Trattato costituzionale europeo, gli attacchi a Ségolène Royal (“grado zero della politica”). In nome della libertà di stampa, il 6 febbraio del 2006, Val ha ripubblicato su Charlie Hebdo le caricature di Maometto del giornale danese Jyllands-Posten che avevano scatenato l’isteria islamista. Val ha anche lanciato una petizione per il diritto alla blasfemia e “contro il nuovo totalitarismo” islamista firmata da Bernard- Henry Lévy, Salman Rushdie e Ayaan Hirsi Ali, con la denuncia della connivenza tra una parte della sinistra e gli islamisti.

 

Adesso Val torna a scuotere il mondo delle lettere parigine con un libro pubblicato da Grasset e dal titolo “Malaise dans l’inculture”. E la sua poderosa accusa non va confusa con le critiche conservatrici di Eric Zemmour. Secondo Val, la cultura francese soffre di una malattia degenerativa di rousseauismo, il “sociologismo”. Val attacca gli “intellettuali cimiteri” e “l’abdicazione del pensiero”, ne ha per Edwy Plenel e la sua Mediapart, “Plenel il pubblico ministero”, “Padre Plenel”, soprannome affibbiatogli per il suo atteggiamento moralisticheggiante. Plenel dopo il massacro di Charlie Hebdo scrisse che “coloro che hanno denunciato l’esistenza di un ‘problema dell’islam’ in Francia sono i veri responsabili della creazione del mostro”. Come a dire, è tutta colpa della blasfemia dei vignettisti.

 

[**Video_box_2**]Secondo Val, sull’islam e la libertà di parola si rischia di “ripristinare un Muro di Berlino ideologico” attraverso una “ortodossia che indicherebbe la via del bene e del male”, “un pensiero politico vittimista” e un “giornalismo malato di sociologia” che finisce per fare il gioco di “una parte della popolazione, islamica che si è radicalizzata e che non esita a uccidere per impedire alla gente di esprimersi”. Per Philippe Val, “questo pensiero totalitario soft” si basa sull’“idea che non è l’individuo responsabile”, ma “la società alla Rousseau, un meccanismo intellettuale che si traduce sempre in un capro espiatorio. Questa tendenza è il primo passo verso il complottismo: la colpa al sistema, i ricchi e gli ebrei”. Il libro di Philippe Val fa il paio con quello postumo del suo successore alla direzione di Charlie Hebdo, Stephane Charbonnier, dove chiede di “farla finita con il disgustoso paternalismo della sinistra intellettuale, borghese e bianca”. I bobos, i bourgeois-bohème che se la fanno con i barbuti taglialingue.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.