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La polemica

Pd e 5 stelle contro il Garante della privacy: "Non c'è alternativa alle dimissioni dell'intero consiglio"

Le inchieste di Report "hanno rivelato un sistema gestionale opaco, caratterizzato da numerosi conflitti d'interesse e da una forte permeabilità alla politica", dice la segretaria Elly Schlein. Il Movimento: "Non ci sono più alibi"

"Io penso che non ci sia alternativa alle dimissioni dell’intero consiglio", così ha parlato la segretaria del Partito democratico Elly Schlein a proposito del Garante della privacy il giorno dopo le inchieste giornalistiche di Report che, secondo la leader dem, "hanno rivelato un sistema gestionale opaco, caratterizzato da numerosi conflitti di interesse e da una forte permeabilità alla politica". Sullo stesso piano anche il Movimento 5 stelle che, con i suoi esponenti nella commissione di Vigilanza Rai, ha detto che "non ci sono più alibi: il Garante della Privacy va azzerato subito. Un’autorità che dovrebbe difendere i cittadini è diventata un covo di conflitti d’interesse, favoritismi, spese folli e legami politici imbarazzanti". I 5 Stelle si chiedono come mai la presidente del Consiglio Giorgia Meloni "non dica nulla su questo vero e proprio scandalo?". I due partiti dell'opposizione chiedono quindi le dimissioni del Garante della privacy. Ma era stato lo stesso Giuseppe Conte, al tempo del governo giallorosso, a nominare nel 2020 Pasquale Stanzione, che, viene raccontato, anche da Report, come un giurista vicino al Pd e a Sangiulianopresidente dell'autorità sulla sicurezza dei dati personali.

 

Cinque anni dopo però Pd e 5 stelle ne chiedono le dimissioni: "Senza un azzeramento e una ripartenza sarà impossibile ricostruire la fiducia dei cittadini nell’istituzione che deve tutelarne i diritti e assicurare la necessaria terzietà del collegio, anche rispetto alla politica”, sostiene la leader dem. Invece il Movimento chiama in causa la sorella della premier Arianna e Agostino Ghiglia, membro del Garante della privacy in quota Fratelli d'Italia: "Il governo tace perché è complice? Fuori subito Ghiglia e tutto il collegio. Serve una nuova autorità, indipendente, trasparente, e che risponda ai cittadini e non a via della scrofa".

 

Dopo che il 23 ottobre il Garante aveva inflitto una multa da 150 mila euro al programma di Sigfrido Ranucci per la messa in onda l'audio tra l'ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini sul caso Boccia, Report aveva mandato in onda un video nel quale si vede il componente dell'Autorità, Ghiglia, entrare nella sede di Fratelli d'Italia il 22 ottobre, il giorno prima della sanzione al programma Rai. Secondo Ranucci questo video è la prova che "l'Autorità si muove su input politico", come ha detto in un'intervista alla Stampa. E la settimana scorsa, in audizione di Vigilanza Rai ha ribadito come l'audio di Sangiuliano fosse "di interesse pubblico". Ghiglia invece ha confermato di essersi recato nella sede di Fratelli d'Italia quel giorno, spiegando di essere andato "in via della Scrofa per incontrare il Direttore del Secolo d’Italia, Italo Bocchino, in merito a una presentazione a Torino e a Roma dei nostri due nuovi libri".

 

Non si fermano le polemiche quindi che riguardano il caso Ranucci. La settimana scorsa durante l'audizione in Commissione antimafia, il senatore dei 5 stelle Roberto Scarpinato aveva chiesto al conduttore di Report se fosse vero che qualcuno lo avesse pedinato “su ordine di Fazzolari”. Ranucci allora ha reagito chiedendo di spegnere i microfoni. La seduta è stata secretata. Intervistato dal Corriere il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari aveva detto che "le accuse sono troppo gravi per farle cadere nel vuoto. Direi che il limite della decenza è stato ampiamente superato". Dopo qualche giorno Fazzolari ha deciso di procedere "per le vie legali contro le menzogne di Sigfrido Ranucci".