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Paese irreale

La strage di Castel d'Azzano parla di un paese arcaico che non vogliamo sapere

Maurizio Crippa

È come se ci fosse un confine tra l'Italia avanzata delle città e un'Italia secolare e ammalorata, impoverita se non povera da sempre e per sempre. Questo paese spaventevole e arretrato ha ucciso tre carabinieri dei reparti d'élite

La mente corre a Mario Cerciello Rega, vicebrigadiere, giusto per rimanere vicini nel tempo a un’altra cronaca violenta e infame. Di paese non civile. Ma ci sono i carabinieri uccisi negli anni di piombo, nelle stragi di mafia. Un numero inconcepibile in ogni altro luogo d’occidente e democratico, di società avanzata cosiddetta. L’esplosione premeditata di un casolare che ha ucciso tre carabinieri (altri 18 agenti e vigili del fuoco feriti) a Castel D’Azzano, periferia rurale di Verona, riporta invece a una società non avanzata. Riporta il ricordo a Peteano, un altro agguato con un’auto imbottita di esplosivo di 53 anni fa, che uccise tre carabinieri.

 

Lo fa pensare non per la dinamica, quello fu terrorismo, anzi l’atto iniziale del terrorismo nero. Piuttosto per il contesto, un contesto rurale, isolato, poche anime, luogo di quei molti in Italia che il boom s’era scordato di tirarsi appresso. No inclusione, aree per sempre interne. Peteano è a trecento chilometri da qui, quasi al confine di Gorizia. Ma ancora ieri mattina, alle porte di Verona anticamera del Brennero, quel contesto ha raccontato di una società allontanata, o disastrata. La dinamica dei fatti, i nomi e le vite degli sciagurati che hanno deciso di usare la loro casa come un’arma, persino il volto arcaico di una dei tre, la sorella, che in un video del Corriere Veneto di nemmeno un anno fa diceva, come fosse a un reality show o a un crime del pomeriggio, “con mio fratello lottiamo da cinque anni per avere giustizia. Ci hanno portato via tutta l’azienda agricola e adesso la casa. Volevano fare lo sgombero, ci siamo opposti in tutti i modi. Abbiamo riempito la casa di gas per riuscire a lottare”. La storia, la dinamica dei tre fratelli agricoltori e allevatori al disastro economico che hanno deciso di far saltare per aria i carabinieri giunti per lo sfratto parla di un’Italia che esiste, ma compare solo nella cronaca nera. Più piccina e laterale persino di Garlasco.

 

Un’Italia che però c’è. Ma come ci fosse un confine – non invisibile: basta girare un po’ in auto senza navigatore – tra l’Italia avanzata delle città, con o senza Ztl, e un’Italia secolare e ammalorata, impoverita se non povera da sempre e per sempre. Violenta per necessità o ignoranza. Il paese che ci sorprende e ci agghiaccia come un paese irreale, non certo il nostro, e che invece è così vicino. Tre fratelli in età, la povertà contadina, un mutuo che dieci anni fa era forse meglio non concedere, e loro ritenevano frutto di firme false, come nelle peggiori novelle contadine. Il pignoramento di casa e terreni, lo sfratto, un primo tentativo di dar fuoco a tutto. “Lavoravano di notte e dormivano di giorno”, dicono i vicini di quei perfetti estranei, per badare alla mucche.

 

I nostri media e i nostri social sono zeppi di commenti stupiti sull’irreale arretratezza degli altri. I mass shooting e la violenze della polizia di Trump raccontano di un paese sprofondato, l’American Gothic, lande desertificate di gente che gira con il fucile da guerra a pompa. Sembra che esista solo nei film degli altri, invece fuori dal nostro Google Maps esiste anche da noi un paese così – stavolta è il Veneto, nessuno si offenda, domani può essere ovunque – appena varcata la soglia urbana e imboccata la via di altri mondi. Oggi questo paese spaventevole, arretrato, che preferiremmo non vedere né sapere, ha ucciso tre carabinieri dei reparti d’élite: il luogotenente Marco Piffari, 56 anni, il brigadiere capo Valerio Daprà, 56 anni, e il carabiniere scelto Davide Bernardello, 36 anni. Mettiamo i nomi, e solo i loro, per onorarli.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"