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Editoriali

I turisti aggrediti a Venezia dai Pro Pal e la banalità del male dell'antisemitismo

Redazione

Si può criticare la politica di un governo, ma non trasformare quella critica in un lasciapassare per colpire persone in strada perché portano una kippah o perché “sembrano ebree”.  L’Italia non è un paese antisemita, ma l’antisemitismo c’è, cresce e va affrontato

A Venezia, in Strada Nuova, una coppia di turisti – lui americano, lei israeliana – si è trovata circondata da un gruppo che urlava “Free Palestine”. Non solo parole: un cane aizzato contro di loro, uno schiaffo a tradimento, una bottiglia scagliata che ha ferito la donna. Non è stato un incidente folkloristico, non è stata una rissa da bar: è stato un episodio di antisemitismo. E non il primo.

Solo poche settimane fa, sempre a Venezia, un’altra coppia ebrea era stata presa di mira con lo stesso copione. La tentazione di molti, in casi del genere, è minimizzare. Dire che si tratta di teppismo, di qualche esagitato. Ma i numeri raccontano un’altra storia. Nel 2025 l’Osservatorio dell’Ucei ha registrato un aumento del 35% degli episodi antisemiti rispetto al 2023. Gli insulti nelle scuole e nelle università sono raddoppiati in tre anni. E un sondaggio Eurispes mostra che più di un italiano su cinque crede che gli ebrei abbiano “troppo potere” in economia e nei media.

 

Non si tratta di dettagli. Il punto è che il male, anche quando sembra piccolo, non va mai sottovalutato. Perché la catena è sempre la stessa: dall’insulto si passa alla minaccia, dalla minaccia alla violenza, e dalla violenza alla normalizzazione. E' successo troppe volte, e non serve scomodare la storia per capirlo. Basta guardare la cronaca. C’è chi pensa che gridare contro Israele significhi doverosamente prendere di mira tutti gli ebrei, colpevoli per il loro credo, complici per il loro credo. E' un cortocircuito pericoloso, che rende tossico anche un dibattito legittimo.

Si può criticare la politica di un governo, ma non trasformare quella critica in un lasciapassare per colpire persone in strada perché portano una kippah o perché “sembrano ebree”. L’Italia non è un paese antisemita, ma l’antisemitismo c’è, cresce e va affrontato. Non con solenni dichiarazioni una tantum, ma con una vigilanza quotidiana, con la consapevolezza che un’aggressione a Venezia non è un dettaglio di cronaca locale, ma un campanello d’allarme che riguarda tutti.

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