
editoriali
L'ennesima strage nel Mediterraneo. La tragedia senza risposte politiche
Due barconi provenienti dalla Libia si ribaltano a quattordici miglia dalle coste di Lampedusa. Almeno 26 vittime. Scatta la polemica politica, mai risolutiva in una vicenda globale e complessa
A quattordici miglia dalle coste di Lampedusa si è consumato l’ennesimo naufragio di migranti, due barconi provenienti dalla Libia con profughi da Pakistan, Sudan e Somalia. Le vittime sarebbero 26, più altrettanti dispersi e una sessantina di persone tratte in salvo. L’estate è momento opportuno per queste traversate, non è purtroppo la prima volta che le notizie dalle spiagge di vacanza si mescolano a queste tragedie. Del resto bastano i crudi numeri dei morti in mare, finora già 370 rispetto a quelli dell’anno scorso, che erano stati 434 al 31 agosto 2024, per comprendere che le cose non cambiano, e nemmeno la traballante “collaborazione” con i libici è in grado di cambiare i termini di una tragedia complessa.
Secondo l’Unhcr dall’inizio dell’anno sono 675 le persone morte lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Da qui alla polemica politica il passo è breve, è sempre il solito, e mai risolutivo in una vicenda globale e complessa. E’ stata tempestiva Giorgia Meloni a esprimere “sgomento”, dimostrando un’attenzione del governo in passato meno puntuale: “Quando si consuma una tragedia come quella di oggi, con la morte di decine di persone nelle acque del Mediterraneo, sorge in tutti noi un forte sentimento di sgomento e compassione”, ha detto, accusando però “l’inumano cinismo dei trafficanti” e difendendo, col ministro dell’Interno Piantedosi “la necessità di prevenire” le partenze. Sull’altro fronte politico c’è ad esempio Angelo Bonelli di Avs, secondo cui “il governo con leggi ingiuste e disumane ostacola le operazioni di ricerca e soccorso in mare, sequestra le navi e persino gli aerei delle ong, impedendo a chi salva vite di intervenire”. La verità non sta nel mezzo, la verità è che nessuno, né i teorici dei salvataggi dentro e fuori le aree Sar, né i governi che immaginano sistemi impossibili di contenimento, ha nelle proprie mani la soluzione del problema. Nel mezzo del mare, la tragedia non finirà presto.

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