il generale maledetto

Una condanna in tribunale farebbe di Roberto Vannacci un nuovo Baudelaire

Nicola Mirenzi

La sinistra gli ha dato il successo, Crosetto l'aura del perseguitato. Ora, dopo le denunce di alcune associazioni, la magistratura può dargli l’impensabile: la gloria letteraria

A questo punto, “Il mondo al contrario” del generale Roberto Vannacci lo faranno diventare come “I fiori del male” di Baudelaire: un libro maledetto. “Ma quanta paura fa?”, ha detto Matteo Salvini, commentando gli undici mesi di sospensione, con metà stipendio, decisi dal ministro della Difesa Guido Crosetto, al termine del procedimento disciplinare aperto il 30 ottobre. Con la motivazione che la scelta di pubblicare il libro denota una “carenza del senso di responsabilità” e lede il “principio di terzietà della Forza Armata”. “Tra un po’ finirò le guance da porgere”, ha risposto Guido Crosetto a Salvini, che aveva insinuato del dolo, mentre Vittorio Sgarbi ha definito la punizione “fascista”. Seppure sia nulla in confronto alla possibilità che, per il suo libro, il generale Vannacci sia condannato per “incitamento all’odio razziale”, dopo le denunce di alcune associazioni impegnate nella tutela dei diritti civili. E così, dopo che la sinistra gli ha dato il successo, attaccandolo, e il ministro della Difesa Crosetto l’aura del perseguitato, avviando un’inchiesta doverosa, ora la magistratura può dargli l’impensabile: la gloria letteraria.

 

 

Finire in tribunale è il sogno di ogni scrittore, poiché non c’è nulla che consacri più del martirio senza rogo che l’accusa pubblica, laica e democratica. Infatti, quando i giudici di Trento notificarono ad Aldo Busi l’indagine per il suo “Sodomie in corpo 11”, disse: “Finalmente! Dopo Baudelaire, Wilde, Flaubert, Joyce, Nabokov, Lawrence, Pasolini, tocca anche a me, ed era ora: sono mica il figlio della serva, io”.
 

Ora è la volta del generale Vannacci. A sinistra non c’è problema: non condividendo le tesi del libro, per loro il libro potrebbero pure bruciarlo. A destra, invece, narrano di un generale sotto assedio, circondato da altre tre inchieste, più una querela, e proprio alla vigilia delle europee, a cui la Lega vorrebbe tanto candidarlo. Ma sottovalutano che un’inchiesta per peculato e truffa, a orologeria o meno, in Italia non si nega a nessuno. Mentre un’inchiesta per quel che si è scritto, dopo il fascismo, l’hanno avuta solo “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini, “L’Arialda” di Giovanni Testori, “La ragazza di nome Giulio” di Milena Milani. E parliamo di quando c’era ancora la censura. In seguito, è toccato ad “Altri libertini” di Pier Vittorio Tondelli, il già citato Busi e l’anomalo caso di “Falce e carrello” di Bernardo Caprotti, l’unico non omosessuale.
 

A loro Vannacci si rivolge nel suo libro, scrivendo, con la lingua perentoria della caserma: “Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione”. Ma non può essere solo colpa del generale se la Francia, da Joseph de Maistre a Renaud Camus, vanta una grande tradizione di stile reazionario, mentre il reazionario che la nostra cultura produce, oggi, è più spesso un cafone. Altre maniere, Erri De Luca. Quando fu accusato di istigazione a delinquere per aver dichiarato che “la Tav va sabotata”, scrisse un libro dal titolo “La parola contraria”. Sosteneva che al processo non andava per difendersi, bensì per mettersi di traverso alla censura, affermando la libertà di dire la parola opposta a quella del potere. Se fosse stato condannato, sarebbe stato il suo trionfo. Invece venne assolto. E la sua tornò a essere una parola contraria alla Tav, come ce n’erano molte altre.
 

Successe anche ad Aldo Busi. Erano le 11 e 50 del 23 gennaio 1990. I giudici rientrarono in aula e lessero il verdetto: “Assolto perché il fatto non sussiste”. Busi chiamò subito al telefono la madre. Le disse: “Mamma, il processo è finito”. “E com’è andata?”, le rispose lei. “Male”. “Che vuol dire, che sei già in galera?” “Macché. Ho vinto”. “E allora?”. “E allora, e allora, se avessi perso avrei venduto centomila copie in più”. Allo stesso modo, solo i magistrati possono dare a Vannacci ciò che né la sinistra, né Crosetto, né Salvini possono offrirgli: una condanna in tribunale. Questa sì che lo metterebbe al fianco di Baudelaire. Altro che seggio al Parlamento europeo. Sarebbe la gloria letteraria. Il generale maledetto, come i poeti