Vittorio Emanuele di Savoia (Ansa)

È morto Vittorio Emanuele di Savoia

Maurizio Stefanini

Non divenne mai re d’Italia per la sconfitta della monarchia al referendum del 2 giugno. Sui giornali è finito soprattutto per la cronaca rosa e per quella nera. L'esilio e il sogno del ritorno. Aveva 86 anni

Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria di Savoia, era nato il 12 febbraio 1937 in quella città di Napoli di cui assunse il titolo di Principe, secondo la regola per cui l’erede al trono di Re d’Italia era Principe di Piemonte e l’erede al titolo di Principe di Piemonte era Principe di Napoli. È morto oggi, come ha reso noto una nota della Real Casa di Savoia: “alle ore 7:05 di questa mattina, 3 febbraio 2024, Sua Altezza Reale Vittorio Emanuele, Duca di Savoia e Principe di Napoli, circondato dalla Sua famiglia, si è serenamente spento in Ginevra. Luogo e data delle esequie saranno comunicati appena possibile”. Non si hanno per ora altri particolari sulle cause del decesso.

Lui stesso in una intervista del 1986 ricordò che il solo ricordo che aveva di Mussolini era “di essergli piombato, da bambino, fra le ginocchia, prima di finire steso a terra, con la mia bici rossa, dietro una curva, nei giardini del Quirinale. Mi rialzai contrariato (contrariato lo dico adesso, ma allora ero furioso perché la mia bici nuova era tutta sfrisata) e gli chiesi chi fosse. Rispose: ‘Sono Benito Mussolini’. Ricordo che quella risposta mi bastò. Non feci altre domande e continuai a pedalare come un forsennato”. Uno scontro al tempo stesso fisico e altamente simbolico. Evidentemente già intimorito dal duce a meno di sei anni pur avendo suo nonno Vittorio Emanuele III come re d’Italia e il suo trisavolo Vittorio Emanuele II come padre della patria, proprio per l’impatto storico con la figura del fondatore del fascismo ebbe la possibilità di diventare Vittorio Emanuele IV a 7 anni, quando Benedetto Croce per poter difendere l’istituto monarchico senza macchie di compromissione col fascismo aveva proposto di far abdicare il re e rinunciare il principe ereditario per mettere direttamente sul trono il ragazzino, con la reggenza di Badoglio. Ma forse anche prima, secondo la voce per cui nel 1938 la madre Maria José avrebbe imbastito un complotto con Rodolfo Graziani, Pietro Badoglio, Galeazzo Ciano, Italo Balbo, Dino Grandi e il capo della polizia Arturo Bocchini per tentare un golpe che sostituisse Mussolini con un “avvocato milanese antifascista” e mettesse sul trono lui, con Maria José stessa reggente fino ai suoi 21 anni.

Ma poi re effettivo d’Italia non lo divenne mai, appunto, per la sconfitta della monarchia al referendum del 2 giugno e poi il divieto di residenza agli eredi maschi di Casa Savoia deciso dalla Costituzione repubblicana. Entrambi risultati di una compromissione col fascismo, solo in parte riparata da un 25 luglio poi a sua volta coperto con la fuga dell’8 settembre: evidentemente anticipata dalla decisione con cui il 7 agosto 1943, su ordine del re, aveva lasciato Roma con la madre e le tre sorelle, raggiungendo Sant'Anna di Valdieri in Piemonte. Trasferitisi, per motivi di sicurezza, al castello di Sarre, la sera dell'8 settembre 1943 ricevettero l'ordine di partire per la Svizzera. Solo a guerra finita lui e le sorelle poterono tornare a Roma, preceduti di qualche giorno dalla madre.

Sono responsabilità di cui il Principe di Napoli sarebbe stato personalmente incolpevole, quando il 5 giugno a 9 anni assieme alla madre Maria José e alla sorelle partì per l’esilio a bordo dell’incrociatore Duca degli Abruzzi. Anche di ciò raccontò in quella intervista del 1986. “Allora sentivo una sensazione vaga ma lancinante: capivo che qualcosa di irreparabile stava accadendo. Ben presto imparai il significato della parola esilio, ma immediatamente dopo ne imparai un altro: quello della riscossa”. E raccontava di avere da allora posto come obiettivo della sua vita quello di poter tornare in Italia.

In effetti ci riuscì, 17 anni dopo. Il 15 marzo 2003, dopo l’abolizione della XIII disposizione transitoria e finale. Simbolicamente, lui e suo figlio Emanuele Filiberto scelsero di tornare proprio a Napoli. Il 4 febbraio aveva peraltro diramato il comunicato: “mio figlio ed io con la presente diamo formale assicurazione circa la nostra fedeltà alla Costituzione repubblicana ed al nostro presidente della Repubblica”. Ciò è stato letto come rinuncia al trono, anche se poi nel novembre 2007 ha richiesto allo stato italiano 260 milioni di euro come risarcimento per l'esilio, oltre alla restituzione dei beni privati confiscati dallo stato nel 1948. E di nuovo nel gennaio/febbraio del 2022, ha deciso insieme alle sorelle e al figlio di chiamare in causa lo stato italiano per la restituzione dei gioielli di famiglia Savoia custoditi dalla Banca d'Italia.

Il padre era morto il 18 marzo 1983, ma lui in effetti si era proclamato re d’Italia come Vittorio Emanuele IV il 15 dicembre 1969, affermando che Umberto II decidendo nel 1946 di partire per l’esilio aveva abdicato. Col padre c’erano stati in effetti dissapori fin dal tempo della sua vita universitaria: secondo Vittorio Emanuele, per colpa delle maldicenze di cortigiani malevoli. Privato dell’appannaggio, aveva dovuto dunque mettersi a fare l’intermediario finanziario. Motivo di ulteriore scontro era stato il lungo fidanzamento di 13 anni con Marina Doria, sposata poi con matrimonio civile l'11 gennaio 1970 a Las Vegas e poi religioso il 7 ottobre 1971 a Teheran. Campionessa di sci nautico svizzera e figlia dell’industriale dei famosi biscotti, la consorte era infatti discendente da marchesi liguri imparentati con il famoso Andrea Doria, ma non di sangue reale. Appunto per risolvere il problema Vittorio Emanuele si era proclamato sovrano, in modo da poter conferire alla fidanzata per “decreto reale” un titolo di duchessa di Sant'Anna di Valdieri. Dal matrimonio nacque nel 1972 Emanuele Filiberto, ma fu occasione della contestazione da parte dei Savoia-Aosta, col cugino Aimone che dal 2006 si proclamò a sua volta legittimo pretendente.

Come pretendente al trono, comunque, in occasione del Capodanno del 1992 Vittorio Emanuele IV chiese ufficialmente alla Repubblica Italiana di adoperarsi per una revisione del Trattato di Osimo. Durante i funerali di Baldovino I del Belgio, suo primo cugino, nell'agosto del 1993, accompagnando la madre Maria José, incontrò il presidente Oscar Luigi Scalfaro, rinnovando la propria disponibilità a trovare un punto d'incontro per la fine dell'esilio. Il 3 giugno 1995 incontrò all'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, il presidente del Senato Carlo Scognamiglio che gli assicurò il proprio appoggio per l'abrogazione della XIII norma costituzionale sull'esilio dei Savoia. Nell'agosto del 1996 ricevette nella sua villa di Cavallo il ministro degli Esteri Lamberto Dini.Nel luglio del 1999, sempre in previsione del rientro dall'esilio, ricevette sempre a Cavallo l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga; era la prima volta dal 1946 che non si teneva un incontro ufficiale tra un membro di Casa Savoia e un rappresentante diretto della presidenza della Repubblica. In occasione del matrimonio del nipote Filippo del Belgio, nel dicembre del 1999, incontrò il Presidente della Commissione europea Romano Prodi, proseguendo gli incontri in previsione del rientro. Ha inoltre effettuato un riordino degli ordini dinastici di Casa Savoia.

   

Emanuele Filiberto e Vittorio Emanuele di Savoia con i passaporti italiani (Ansa) 

   

Nelle cronache dei giornali, però, è finito prima soprattutto per la cronaca rosa del suo rapporto con Marina Doria. Poi per la cronaca nera del 18 agosto 1978 sull'isola di Cavallo in Corsica, quando a seguito del furto di un suo gommone da parte di conviviali del chirurgo/playboy Nicky Pende sparò due colpi di carabina. Vittorio Emanuele IV fu arrestato, per l’ipotesi che uno dei proiettili avesse colpito la coscia dello studente tedesco di 19 anni Dirk Geerd Hamer, figlio di Ryke Geerd Hamer, che stava dormendo in una barca vicina, e che morì nel dicembre dello stesso anno dopo una lunga agonia. La difesa sostenne la presenza di altre persone che avrebbero sparato durante la colluttazione, poi fuggite e mai identificate dalla gendarmeria francese; anche il calibro e il rivestimento dei proiettili che ferirono il giovane risultarono diversi da quelli in dotazione alla carabina di Vittorio Emanuele, che fu però sospettato di aver effettuato una sostituzione d'arma. Nel novembre del 1991 un tribunale francese lo prosciolse dall'accusa di omicidio volontario, dandogli però sei mesi con la condizionale per porto abusivo d'arma da fuoco, “fuori dalla propria abitazione”.

Nel 2006 ebbe nuovi problemi per una accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso, e associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione nell'ambito di un'indagine legata al casinò di Campione d'Italia. Nata dal pm Henry John Woodcock, alla fine si è del tutto sgonfiata. Ne è venuta però una breve detenzione nel carcere di Potenza, dove Il 21 giugno 2006 una microspia registrò sul caso Dirk Geerd Hamer una sua ammissione, peraltro poi contestata. La storia della sparatoria, tuttora controversa, è stata oggetto di una sentenza della Cassazione del 2017 secondo cui non sarebbe diffamazione rimproverare a Vittorio Emanuele IV responsabilità, e poi di una recente serie Netflix. Pure archiviata era stata negli anni ’70 una indagine per traffico d’armi. In quell’epoca era intermediario d'affari per conto della Agusta e, grazie all'amicizia con lo Scià di Persia Reza Pahlavi, proprio in quegli anni concludeva compravendite di elicotteri tra l'Italia, l'Iran e altri paesi arabi.

“Se uno è in cerca della giustizia, alla fine la trova. La vita, a volte, è davvero molto strana: ho atteso cinquantasei anni per rientrare in Italia, e ora non la posso più lasciare”, disse nel 2006 quando in seguito all’accusa di Woodcoock gli fu comminato un momentaneo divieto di espatrio. Il 23 febbraio 2015 ottenne comunque un risarcimento di 40.000 euro per i giorni trascorsi in cella da innocente.

“Principe, scusi con il dovuto rispetto, lo sa che in Italia qualcuno pensa che lei sia proprio cretino?”, gli era stato chiesto nell’intervista del 1996. “Lo so” fu la risposta. “Non pretenderanno per caso che io li smentisca? Lo pensino pure”. Tutto sommato, la sua “vendetta” maggiore è stata l’indubbio successo del figlio; un personaggio mediatico a tutto campo, capace di arrivare secondo a Sanremo e di vincere Ballando con le stelle. A suo modo, veramente un re: anche se re da epoca dei social.