L'R-0 di crisanti

Quanto si è diffuso, e non solo a Bergamo, il contagio della fuffa scientifico-politica-giudiziaria

Maurizio Crippa

Il tema non è Crisanti in sé, è che a Bergamo c’è un’inchiesta papocchio, fatta per “far sapere alla gente”. Quindi è un’inchiesta narrativa

"Un errore non significa necessariamente una responsabilità penale”, dice ora in tv da Formigli, in qualità di autore della perizia, ma forse anche in qualità di prudente politico. Anche se aggiunge: “La gente si aspetta che qualcuno dica sì, abbiamo sbagliato”. E questo non è da scienziato né da politico, e non sarebbe nemmeno da magistrato, se il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani non avesse già optato per la giustizia narrativa, “far sapere alla gente”. Così Andrea Crisanti, professore, microbiologo, consulente della procura e senatore Pd forse ora la pensa come Travaglio, che s’è sentito tradito negli affetti e ci va piano con le responsabilità penali. Ma “la gente si aspetta” può dirlo il consulente dell’inchiesta, colui che ha fornito numeri ipotetici fino a 4.000 morti di troppo (così che il procuratore dice “di fronte a tanti morti non potevamo archiviare”)? Lo può dire un politico (se è fesso), ma non un consulente dell’accusa e nemmeno uno scienziato.

  
Il tema non è Crisanti in sé, è che a Bergamo c’è un’inchiesta papocchio, fatta per “far sapere alla gente”. Quindi è un’inchiesta narrativa. Ma anche politica, con i pm  a sindacare le scelte dei politici, non i loro reati. Ma anche inchiesta mediatica, partita con gli annunci in tv di Maria Cristina Rota: “Non escludo che possano essere indagati esponenti del ministero della Salute”. E papocchio perché utilizza in modo “sperimentale” (“abbiamo dovuto usare delle metodologie innovative… che vengono usate per i disastri aerei”) un’indagine scientifica ma in base a quella accusa addirittura un governo di aver favorito la diffusione della pandemia.

   

Non si dirà ovviamente che sia tutta colpa del prof. Crisanti, sarebbe assurdo. Ma se dovessimo fare come lui una perizia a campione, anche senza sparare numeri (prima disse dai 2.000 a 4.000, poi è uscito quel numero magico, cabalistico, ma che i giornali rilanciano come alla tombola: 4.148 decessi che potevano essere evitati. In dieci giorni: 414,8 morti al giorno), resta però che la parabola di Crisanti è significativa. Perché incarna alla perfezione la fuffa scientifico-mediatico-politico-giudiziaria di questi anni pandemici.

   

Nel febbraio 2020 Crisanti è il celebre consulente di Luca Zaia che per primo intuisce l’efficacia dei tamponi rapidi; l’8 marzo la Lombardia è in zona rossa;  ad aprile 2020 parte l’inchiesta, a giugno 2020 Crisanti ne diventa consulente, a gennaio 2021 consegna il malloppo. Nel frattempo, non si chiude esattamente in un istituzionale riserbo: è in tv e sui giornali, litiga come una virostar, parla e a volte straparla.

  

Gennaio 2021 a “Piazzapulita”: “Ci vorranno un paio di anni per levarci le mascherine” (ce n’è voluto uno prudenziale); lo scorso novembre  sentenzia che ridurre le quarantene significa “dare un’opportunità al virus di diffondersi”. Ma il virus forse non lo sapeva. Nel frattempo si era candidato nel Pd. Ciò non gli ha impedito di continuare a parlare da “esperto” e ora di illustrare il senso di un processo non ancora cominciato.  

  

A Formigli dice “senza entrare in quel che sta nella perizia”, ma il suo giudizio (scientifico o politico?) per cui “le Regioni, compresa la Lombardia, potevano intervenire con le chiusure indipendentemente dal governo” è scritto e divulgato. Il problema del metodo Crisanti non è ovviamente il professor Crisanti, è il modo generale della confusione e della furbizia, italiano.  Quello che da scienziato-perito gli permette di dire, gennaio 2022, a proposito dei dati sui morti: “Sono dati che non vogliono dire nulla, decontestualizzati”.

  
Ma se uno scienziato fa lo scienziato e fa delle ipotesi, che senso ha trasformarle in una perizia in base a cui i pm firmano incriminazioni? Il professor Massimo Clementi, che con il professor Giorgio Palù ha scritto  “Virosfera”, aveva detto in tempi non sospetti che “uno scienziato deve essere credibile…  ma se il giorno dopo indossa la maglia di un partito ingenera il dubbio che le sue opinioni non fossero scevre dal pregiudizio”.

 

Ci sono i casi di Pier Luigi Lopalco e Fabrizio Pregliasco. Ma almeno loro non fanno i periti del tribunale. Crisanti invece è uno che litigava in tv da scienziato-politico con Salvini: “Se fossimo stati nelle sue mani ora ci sarebbero 300 mila vittime al posto di 140 mila”, sempre la passione per i numeri a caso, da vero politico, sembra Conte sul Superbonus. E’ lo stesso Crisanti che da consulente infine arriva a quota 4.148, ma è lo stesso che da politico o da scienziato dice non si può sapere: “Il problema era se in quel momento le persone che avevano le responsabilità avevano le conoscenze”. Il resto è la fuffa di questi tre anni pandemico-mediatici-giudiziari.

Di più su questi argomenti:
  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"