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dopo ischia

Abusivismo, frane e le retoriche che andrebbero evitate

Chicco Testa 

Inutile invocare lo strumento della repressione come unica misura possibile: in molte città del Mezzogiorno interi quartieri risultano fuorilegge. Il disastro di Ischia dimostra che la situzione è veramente devastante quando rischio idrogeologico e abusivismo si sovrappongono

Torna dopo il recente disastro di Ischia la coppia che tanto attizza i commentatori: abusivismo e dissesto idrogeologico. Una coppia perfetta che consente di riscrivere a ogni nuova occasione sempre lo stesso articolo e le stesse invettive. Il giornalista collettivo fa il suo mestiere, compreso l’ultimo arrivato da includere, il riscaldamento climatico e i conseguenti eventi catastrofici. Distinguere, cercare di capire, stabilire priorità appare esercizio difficile. Le denunce relative allo stato franoso della nostra penisola risalgono alla fine dell’800.

Giustino Fortunato coniò l’espressione “sfasciume pendulo” per descrivere la morfologia della Penisola. Essendo calabrese se ne intendeva. Per larga parte purtroppo questa è una caratteristica ineliminabile del nostro territorio, in particolare appenninico, così come la sua predisposizione ai terremoti. E purtroppo né l’uno né l’altro rispettano i piani regolatori o le legislazioni antisismiche. Occorrerebbe cominciare a distinguere e magari stabilire delle priorità e dei piani di fattibilità.

Per quanto riguarda il dissesto idrogeologico per esempio concentrarsi sulle aree a rischio maggiore per densità di popolazione e probabilità dell’evento calamitoso. Lavoro in buona parte già fatto dall’unità di missione istituita a suo tempo dal governo Renzi e poi lasciato cadere dai governi successivi per puro spirito distruttivo nei confronti del precedente governo. Somme considerevoli sono state stanziate e mai spese. Ancor più mal posta è la questione dell’abusivismo. Abusivismo è parola generica che mette insieme l’edificio edificato completamente in modo abusivo, magari su terreni dichiarati inedificabili, con abusi di minore importanza, che riguardano rifacimenti parziali, piccole opere edilizie prive di autorizzazione o addirittura cambi di destinazione d’uso all’interno delle abitazioni. Con questo criterio probabilmente buona parte del patrimonio edilizio italiano risulta in qualche modo perseguibile per questo reato. In molte città del Mezzogiorno interi quartieri risultano fuori legge e i vari condoni non sono serviti a eliminare il problema. Milioni di pratiche non sono state evase. Solo a Roma ve ne sono circa 100.000 giacenti in qualche magazzino. Agitare lo strumento della repressione come unica misura da prendere è privo di senso e soprattutto di applicabilità. Se non si vuole usare l’odiata parola “condono” diciamo che avrebbe senso un’ampia depenalizzazione, perché tutti questi reati appartengono per la legge italiana al codice penale, dando ai comuni la possibilità di riscrivere le norme urbanistiche in modo meno intransigente. I tribunali sono pieni di processi relativi alle tavernette che il proprietario ha realizzato nel seminterrato, alla finestra aperta senza permesso o alla camera da letto in più ricavata dal sottotetto. Dove invece la situazione è veramente devastante è quando rischio idrogeologico e abusivismo si sovrappongono. Come nel caso di Ischia la cui instabilità morfologica è nota da tempo come sono noti i casi di abusivismo proprio in quelle aree.

L’ultimo condono risale a pochi anni fa e riguardava anche il comune di Casamicciola. Autore il governo presieduto da Giuseppe Conte che cerca di arrampicarsi sugli specchi per scaricare le sue evidenti responsabilità. Quindi occorrerebbe concentrarsi sulle vere priorità che stanno evidentemente nelle aree di forte sovrapposizione fra rischio geologico e abusivismo. Un buon lavoro è già stato fatto per quanto riguarda le principali emergenze per il rischio idrogeologico (e Ischia stava fra di esse). Meno conosciuta è la situazione e la mappatura dell’abusivismo nonostante i fiumi di parole spese e l’istituzione di vari osservatori che per il momento non hanno prodotto alcun risultato. Torna insomma un nostro antico vizio. Proclami tanti, lamenti pure ma implementazione e qualche risultato latitano.

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