Amicone, il reazionario che aveva una curiosità sincera per le ragioni degli altri

Sergio Soave

Il fondatore di Tempi si definiva "reazionario" in polemica con col progressismo retorico e obbligatorio dettato dal politicamente corretto. Ma tra i suoi pregi figurava quello di quello di voler ascoltare e dibattere con i pareri più distanti e differenti dai suoi

La scomparsa improvvisa di Luigi Amicone suscita in chi l’ha conosciuto, oltre al dolore per la perdita di una persona apprezzata da tutti, il rimpianto di non averlo mai capito bene. Anche se le sue posizioni erano sempre espresse in modo chiarissimo, talvolta persino provocatorio fino al paradosso, lasciavano sempre qualche interrogativo irrisolto. Si vantava di essere un “reazionario” persino con un filo di civetteria, in polemica col progressismo retorico e “obbligatorio” del politicamente corretto. Nel fondo però c’era sempre una curiosità sincera per le ragioni degli altri, anche quelli più distanti e più differenti. Avevamo opinioni e anche convinzioni diverse su molte questioni, anche rilevantissime come la fede e giudizi divaricati su persone che avevano contato molto nella sua vita come don Giussani, ma questo non ha mai rappresentato un problema, anzi ha fornito l’occasione per confronti pacati e stimolanti.

Al fondo della sua “ideologia” c’era un forte spirito realistico, una costante ricerca dell’aequatio rei et intellectus insegnata da Tommaso d’Aquino. Da qui nasceva la sua diffidenza nei confronti degli illuminismi storici e contemporanei, che spesso si traducono in spinte eversive travestite da rivoluzione rigeneratrice. Rivolgeva questa critica anche all’interno delle istituzioni in cui credeva fermamente, dalla Chiesa cattolica alla democrazia politica. Il ricordo commosso di Giuseppe Sala, che esprime amicizia nei confronti di un avversario politico come Amicone, è proprio una conseguenza di questo suo atteggiamento in cui alla fermezza, talora addirittura granitica, delle convinzioni, si accompagnava una inesauribile disponibilità al dialogo e alla ricerca di comprendere, pur senza condividerle, le ragioni degli altri. Ha trovato il modo, tra mille difficoltà, di tenere in piedi una testata, Tempi, in cui ci si interroga sulle questioni più spinose, talora con radicalità ma sempre con la ricerca di argomenti e non di invettive. Questo era l’altro dato della sua personalità: non schivava mai gli ostacoli, cercava anzi di concentrarsi sulle questioni più controverse.

Naturalmente, a mio avviso personale, non aveva sempre ragione, ma aveva sempre delle ragioni da far valere. Lavorava moltissimo e a questo forse si può far risalire il trauma cardiaco che ne ha provocato la morte e anche questo, cioè il non averlo saputo aiutare in modo da alleggerire il suo fardello, pesa sulla coscienza dei suoi amici. A suo modo, ha sempre cercato di favorire un equilibrio, come conseguenza non di accomodamenti con il senso comune, ma come risultato di un confronto serrato tra idee diverse. La sua voce non è stata molto ascoltata, ma ha sempre rappresentato un significativo inciampo per il conformismo, tenace e nutrita di ragionamenti mai banali. Ci mancherà il suo stimolo costante, la sua provocazione e la sua ricerca di confronto vero, e soprattutto resterà non del tutto risolto l’interrogativo sulla complessità del suo pensiero e della sua personalità, in contrasto con la fermezza inossidabile delle sue posizioni. La complessità di una persona vera.

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