Gigi Proietti sui muri di Roma

Giovanni Battistuzzi

Quando qualcuno imbrattò il murales dedicato a Francesco Totti a Monti Gigi Proietti sbottò: "Comincio a essere stanco, non da romanista ma da cittadino romano e italiano. Non se ne può più. Prima il raid a Campo de’ Fiori, ora quest’altro atto vandalico. Questa volta è stata colpita l’effigie del club sportivo della Roma, ma avrebbe potuto essere anche un simbolo religioso o politico: la citta’ appartiene a tutti e va rispettata come la propria casa. Non credo che questi signori dentro casa loro farebbero lo stesso".

 
 
Perché i muri di Roma "non sono sacri, ma c'hanno una storia. E a volte parlano", disse all'inizio degli anni Novanta in un reading davanti al Pasquino quando era stata imbrattata la statua addossata alle mura di palazzo Braschi. "E certo che parlano, che i muri di Roma è da secoli che ascoltano fregnacce d'ogni tipo, umori, amori e disamori, polemichette e lamentanze. I muri di Roma so' pazienti. Eccome so' pazienti. Ma anche accoglienti, ti cullano, ti intrappolano, non ti farebbero più uscire".

 
 
Ora che Gigi Proietti, a cui veniva "il magone quando la dovevo lasciare per un lungo periodo di tempo, ma ora ho imparato, mi porto una foto o chiamo un amico", Roma l'ha salutata davvero, i muri di Roma gli hanno reso omaggio, l'hanno intrappolato, non lo faranno più uscire.

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