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La buca è il compromesso storico, l'accordo definitivo fra destra e sinistra

Antonio Pascale

Caderci dentro e capire come andrà il mondo. Forse

Mi ricordo quei giorni (non credo felici) in cui la differenza tra destra e sinistra, fatti i conti e semplificando, consisteva nel diverso atteggiamento nei confronti delle buche. Quelli di destra pensavano solo alle buche. Dicevano: la nostra amministrazione ha riparato le buche. Quelli di sinistra consideravano le buche segno di contingenza spicciola, quindi sì, d’accordo, la vostra amministrazione è attenta al dettaglio ma mostra, di contro, una scarsa visione di insieme. La solita e vecchia questione del dito e della luna, vi ostinate a guardare il dito, cioè la buca, il manto stradale, la crepa.

 

Le cose sono cambiante, ma ho ripensato alla vecchia differenza una settimana fa, quando, in bici, a Roma, ho preso una buca e sono rotolato per terra, con conseguente frattura scomposta della clavicola. Ci ho pensato, poi, per una settimana, perché con il tutore (il classico legamento a otto) che mi tira le spalle (petto in fuori, e pure la pancia in verità) sembravo (sembro) un soldato sull’attenti e allora, forse pure per la postura militare, mi sono detto: ma vuoi vedere che avevano ragione quelli di destra? Ora, non so se la Raggi possa essere considerata di sinistra (non penso), ma tuttavia sono arrivato alla conclusione che la buca potrebbe essere il compromesso storico, la convergenza parallela, l’accordo ultimo e definitivo tra destra e sinistra.

 

Mettiamoci d’accordo: la buca è il nemico comune, causa disagi e maledizioni varie, e quando sei di cattivo umore (siccome siamo una specie per niente libera tantomeno di grandi aperture ecc.) in genere tendiamo a votare il politico che più semplicemente si dice: risolvo il tuo cattivo umore (di destra e di sinistra). Quindi la classe politica peggiora. E’ giunto, dunque, il momento di pensare in grande alle piccole buche. Aggiustare la buca non è come promettere di migliorare l’umore momentaneo, appunto con una dichiarazione tipo: basta una passata di asfalto. Richiede, invece, un piano grandioso e bipatisan: sì, bellissimo! Che tra l’altro darebbe lavoro a tanti e credo in economia di scala. Si tratta, cioè, di partire dalla singola buca per ridisegnare la città. Così che, per esempio, quelli che lo desiderano possono prendere la bici e percorre belle e sicure piste ciclabili, anche a partire dalle periferie. E non bisogna più far l’errore di dire, come la Meloni, voi (di sinistra) pensate a finanziare i monopattini e le bici elettriche, perché parlate a quelli di via dei Condotti. No no, io abito a Monteverde nuovo, zona popolare, e se ci fosse l’accordo di cui sopra, voterei un politico di nuovo conio, perché so che parla sì della buca ma solo per ridisegnare con concretezza gli spazi urbani: dito e luna insieme. Anche quelli di borgata, anzi soprattutto quelli hanno diritto di prendere il monopattino, la bici elettrica, la macchina eco-friendly senza inciampare in una buca. Abbiamo bisogno di un accordo sulle buche utopistico. E voi dite: eccolo qua, vecchio vizio, quello di sinistra fissato per la luna. No no, aspettate, secondo Colin Ward (urbanista e architetto anglosassone) il pensiero utopistico si occupa di tre cose: le città (come e per chi costruirle), le automobili (come prenderle il meno possibile) e i bambini (come costruire parchi giochi per loro). Alla fine queste tre questioni, vedrete, riguardano le buche. Basta puntare il compasso sulla buca e allargarlo il più possibile. Ci vuole fantasia e impegno condiviso. Ci pensiamo? Eddai, perlomeno passo questi trenta giorni fra grandi progetti e non bloccato in una buca.

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