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contro mastro ciliegia

Sinner uomo libero

Maurizio Crippa

Il grottesco tiro al bersaglio dei giornali su Jannik. L'inconscio collettivo e il sovranismo italico non sopportano che il numero 2 al mondo sia libero e che decida di fare ciò che vuole. Da Gramellini a Cazzullo, passando per Bruno Vespa: "l'italiano riluttante" che fa impazzire mezzo paese
 

Mancava Cazzullo…”. Ace. Gioco partita incontro. Il gran Paolo Bertolucci su X ha demolito con una sola palla di servizio la campagna italico-giornalistica, o sarà giornalistico-neosovranista?, contro lo splendido campione, e splendidamente libero, Jannik Sinner. Che ha fatto sapere, con l’aggravante di non aver regalato lo sgoop a qualche testata del giornalismo collettivo, che non parteciperà alla Coppa Davis. Chiarito in breve: tutti quelli che s’intendono di tennis hanno difeso la scelta di non partecipare (dopo averlo fatto, e vincendo due volte) a un trofeo ormai minore. Da Bertolucci a Panatta a Barazzutti: il grande tennis non sta più lì, dentro all’insalatiera. Purtroppo l’Italia dei giornali è rimasta l’unico posto al mondo in cui si ignora che il tennis è un business globale, mentre la Davis è un cimelio del passato. Alla fine Cazzullo è arrivato, ieri sulla terra battuta della sua rubrica di lettere sul Corriere.

 

Ma in precedenza già s’era impancata a giudice di linea la Gazzetta cairota, suggerendo a Sinner la “seconda palla” della resipiscenza. Poi Gramellini, un addict della detestabilità antropologica di Sinner, lo aveva chiamato “Gianni”. Questo tic per la fascistissima italianizzazione dei nomi, che scatta solo con Sinner, sarebbe degno di psicoanalisi. La repulsione verso l’idioma crucco accomuna infatti molti, direbbe Jung che fa parte dell’inconscio collettivo. Vespa su X: “Perché un italiano dovrebbe tifare Sinner? Parla tedesco (giusto, è la sua lingua)”. Boh, forse perché abbiamo fatto persino una guerra mondiale per annetterci l’Alto Adige, e tanti saluti anche al plurilinguismo garantito dalla Costituzione. Per non dire di Augias, che già aveva dato di “italiano riluttante” all’odiato austriacante, e ancora se ne vanta con Francesco Merlo: “Se non piace italiano riluttante, diciamo italiano dimezzato”.

 

Mezz’uomini e ominicchi, Sciascia permettendo, li terrà per il prossimo slam. Roba comunque da far comunella con l’ex ct francese Domenech, secondo cui “Sinner è austriaco”. Contenti loro. Per non dire dell’indignata speciale Emanuela Audisio, che aggrava l’accusa antitaliana  con l’accusa di mancanza di trasparenza: “Non si tratta di voltare le spalle all’Italia, che pure ti ha sostenuto quando il mondo ti accusava di doping (l’hanno assolto, ma a Rep. valgono solo le accuse, ndr) e ti ha difeso durante la squalifica, ma di limpidezza”. Limpidezza? La patriottica Audisio è però ancora indignata per il gran rifiuto di andare al Quirinale, da quel Mattarella che era stato persino ad Auschwitz. (A giudicare dal tono, sembra che ci fosse stato detenuto, e Sinner il kapò).

 

Resta la domanda, insolubile, sul perché e da dove venga questo rancore piccino e aggrappato a un nazionalismo di maniera, il malcelato odio per Sinner. Perché è un liberista che pensa solo ai soldi? Perché paga le tasse a Montecarlo (mettetevi d’accordo: se non paga le tasse in Italia, perché quando serve lo volete italiano? Dovreste dirgli: vai a giocare dove paghi le tasse e lasciaci l’insalatiera). Perché è più cosmopolita di tutti voi, sebbene nato in Val Pusteria? Perché non parla italiano? Perché semplicemente si fa i cazzi suoi? O forse perché, ironico e amante della sprezzatura, non si fa intervistare, non si sdraia sul divano di Vespa a parlare di dieta mediterranea? Cazzullo azzarda: “In Italia chi tocca Sinner muore. Se lo fa un giornalista, un’ora dopo viene coperto di dileggio non solo dai tifosi ma prima ancora dai colleghi”. Ma quando? La verità è forse che non detestano Sinner per i soldi o per la lingua foresta. No, non sopportano semplicemente che sia libero, decida e faccia quel che vuole. Senza inchinarsi al cencio moscio del nazionalismo sportivo.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"