Contro Mastro Ciliegia
Spiare nelle cartelle cliniche di Kate non è un diritto, è pura perversione sociale
Il corpo della principessa di Galles appartiene un pochino anche ai sudditi, ma voler sapere così tanto dell'aspetto della vita di un membro della famiglia reale è una malattia del nostro tempo che andrebbe curata
Come il re per antico privilegio ha due corpi, uno tutto suo e uno che appartiene alla nazione e dunque in parte anche ai suoi sudditi, due corpi è necessario che li abbia anche la principessa ereditaria e i sudditi del Regno che contribuisce a tenere Unito ne derivano il diritto di conoscere lo stato di salute che è anche loro. Avrebbero diritto a uno staff di comunicazione di Kensington Palace meno Hellzapoppin’, ma questa è un’altra questione. Qui in questione è il diritto (un mezzo diritto, per quanto consuetudinario) del popolo di sapere come sta il sovrano (o la futura sovrana, God save eccetera). Ma col caso della monarchia, che è pur sempre un’alchimia feudale, finiscono i diritti presunti del popolo – o per peggio dire dei privati individui possessori di un account social, spesso l’unica identità che possiedano – di sapere alcunché della salute di altre persone: che si tratti di politici o di “very important” fa lo stesso. Non ne hanno diritto. Perché mai un “non important” qualsiasi dovrebbe sapere come si sente la cantante o l’attore o il tycoon, o a che punto sono le sue terapie? Tecnicamente, non è affar suo nemmeno sapere se presidenti o presidentesse sono in buona salute, le costituzioni predispongono nel caso meccanismi di sostituzione: vale anche per il Papa (God save eccetera). Per dirla con la vecchia canzone dei Cccp: “Produci consuma crepa”. Figurati se hai un diritto a sapere come sta la tua star preferita.
Eppure nella società liquefatta digitale è ormai un vezzo, o un bisogno, o anzi un obbligo non scritto che chiunque del settore “very important” anche solo per caso soffra di una malattia lo comunichi urbi et orbi: da “Verissimo” di sabato abbiamo appreso che ieri Eleonora Giorgi si è sottoposta a un intervento importante; da Justin Bieber a Selena Gomez a Giovanni Allevi a Costantino Vitagliano aprire la propria cartella clinica è diventato il corrispettivo di aprire il cuore. Ma perché poi? Sappiamo che di fronte alla malattia la sfera relazionale e della comunicazione subiscono stress, serve una elaborazione affettiva e parlarne può fare bene. Secondo gli esperti anche l’esempio offerto da persone note che non nascondono il proprio male può aiutare altri che ne soffrono a trovare stimoli per reagire. Tutto bene, non fosse che spesso la spirale si inverte e da virtuosa si capovolge in un vortice assurdo. Il vip si sente in obbligo di essere trasparente col “suo” pubblico (cioè sconosciuti follower o clienti), ma soprattutto esplode il rancore randagio e incontrollato di chi pretende di essere informato e si sente tradito se la persona importante non lo fa. Tipo la Kathy Bates di Misery non deve morire: tu scrittore di successo non hai diritto a uccidere un pezzo del mio sogno, e se mi tradisci sono io che ammazzo te. È quello che è capitato anche a Kate Middleton, nella marea di insulti e cattiverie che l’hanno colpita molti erano quelli generati dal senso di “tradimento” o di una imperdonabile “insincerità”.
Nel suo piccolo è capitato persino a Fedez. Paradossalmente, Kathy Bates tenne a lungo nascosta una sua malattia. E nessuno sapeva di quella di David Bowie e persino di Steve Jobs. Non esiste obbligo di trasparenza, anzi esiste il diritto a non farsi guardare dentro la propria vita. Invece oggi la pretesa di invadenza e di conoscenza è diventata ossessiva, spesso paranoide, a volte si ribalta in pura Schadenfreude. Da quale perversa psicologia nasce questa follia? È questa la vera malattia sociale che dovrebbe essere diagnosticata (curata, è pretendere troppo).
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