Contro Mastro Ciliegia

La deliziosa risposta sulla Venere fornita dai professionisti della pubblicità agli urlatori

Maurizio Crippa

Quella della Armando Testa non è soltanto una ironica replica ai polpastrellisti. E’, per prima cosa, una lezione di comunicazione. La dimostrazione di cosa sia pubblicità, sapiente uso degli strumenti della retorica che servono per esporre e dimostrare, prima ancora che convincere

Si sono slogati “i diti”, come direbbe Fantozzi, a furia di pestare sulla testiera nella foga di aggiungere al coro l’impennata d’ingegno del loro sghignazzo, scambiato però per militanza “culturale” e ça va sans dire “antifa”. Si sono slogati “i diti” e persino i gomiti, non stavano nella pelle di poter scrivere che Santanchè ci aveva fatto fare una figura di cacca in tutto il mondo, e ha pure speso nove milioni di euri per sfornare la Venere che mangia la pizza. Ma per difendere la “cultura”, che sono mai i polpastrelli doloranti? A parte che, come scriveva Marc Fumaroli, che di retorica e discorso pubblico qualcosa sapeva, quando “cultura” lo si scrive tra virgolette (lo hanno scritto, sì) vuol dire che la cultura è mal ridotta. Ma soprattutto, coi polpastrelli ancora doloranti ma convinti di aver fatto una scorpacciata di “cultura” (tra virgolette), ieri miriadi di compulsivi battitori da tastiera, di politici di varia qualità, di giornalisti engagé e commentatori da social convinti di aver sfoderato il meglio della persuasione e della retorica contro la ministra del Twiga si sono trovati, in bella giustezza su una pagina acquistata del Corriere (no Stampa? No Travaglio? Ahi ahi ahi!) un comunicato dell’agenzia Armando Testa, che aveva ricevuto l’incarico dal ministero per preparare la campagna “Open to meraviglia”. Nel delizioso comunicato, la Armando Testa ringrazia tutti gli indignados: “Open to GRAZIE”. Testo: “Quando una campagna di promozione turistica rompe il muro dell’indifferenza rappresenta sempre qualcosa di positivo”. “Grazie perché non accadeva da anni che la notizia di una campagna pubblicitaria istituzionale suscitasse una eco di tale portata”. “Grazie per le migliaia di visualizzazioni”. 

 

Quella della Armando Testa non è soltanto una ironica replica ai polpastrellisti. E’, per prima cosa, una lezione di comunicazione. La dimostrazione di cosa sia pubblicità, sapiente uso degli strumenti della retorica che servono per esporre e dimostrare, prima ancora che convincere. Bisogna saperlo fare, e loro lo sanno fare. Ci fu un tempo in cui Roland Barthes poteva insegnare che la pubblicità è “un discorso epidittico”, non il rutto di un wannabe influencer. Arte raffinata, e questione di potere. Ma, a proposito, Barthes non credeva affatto che fosse “persuasione occulta”, anzi ne elogiava “la franchezza”. Così pure Armando Testa spiega con franchezza come stanno le cose a chi non distingue un briefing, un abbozzo, uno stadio di lavorazione: “Grazie a tutti coloro che hanno immaginato che il video destinato alla presentazione – e dunque realizzato con materiale di repertorio – fosse già lo spot ufficiale” (qui ce l’hanno con qualcun* in particolare, ma non facciamo pubblicità). E “grazie a chi ci ha fatto sentire milionari”, visto che i nove milioni sono il budget complessivo, non il compenso dell’agenzia. Infine, per buona didattica ai politici: “L’obiettivo è quello di promuovere l’Italia all’estero, puntando su un target proveniente da 33 paesi e a mercati culturalmente molto diversi”. Clienti, insomma, che vogliono comprarsi la pizza a Venezia, non a Mestre. Bisogna portarli in Italia, non a Stimigliano. E come lo si fa, è il lavoro di bravi pubblicitari. Ci fu un tempo in cui i pubblicitari erano riveriti più dei filosofi. I tempi in cui Emanuele Pirella o Annamaria Testa facevano più testo degli odierni presunti esperti del web. Ci vuole professionalità, e oggi quella sapienza è assai scaduta. “La Armando Testa ringrazia, e Venere con noi. Erano più di 500 anni che non si parlava di lei così tanto. Se non è meraviglia questa”. Comunicazione, lezione numero uno.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"