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L'Inter, Rafinha e i lamenti di Spalletti. Valli a capire i cinesi

Maurizio Crippa

Dopo l'1-1 con la Roma l'allenatore nerazzurro ha detto parole che all’epoca morattiana sarebbero valse un esonero. Contro i giallorossi però gli interisti avrebbero meritato di vincere

Come poteva essere la partita sotto il gelo della notte siderale tra due squadre che erano partite bene ma zoppicano, anzi giocano davvero male? Brutta, chiaro.

 

 

Ma cosa importa, la vera partita era tra due mister che erano partiti bene ma hanno finito la benza, e che sono soprattutto due antropologie diverse. Sun Tzu Lucianone Spalletti è carattere patafisico e fumantino. A Raisport ha detto parole che all’epoca morattiana sarebbero valse un esonero: “Io non mi sono mai lamentato con questa società, e avrei pure qualche possibilità per farlo. Le potenzialità iniziali non sono state portate a termine e abbiamo smesso di fare il mercato. Nel mezzo serve il giocatore di spessore”. Eusebio Di Francesco ha l’aria del manager delle risorse umane di una controllata di stato. E’ riuscito a dire: “Abbiamo commesso un errore e l’Inter ci ha punito”.

 

Ora, la partita è stata brutta. Però, alle cronache: possesso palla 56% Inter; tiri 16 a 5 per l’Inter; in porta, 8 a 1 per la stessa. Migliore in campo, secondo la media ponderata delle pagelle – solitamente vergate in stato d’ebbrezza, soltanto che quando a bere era Gianni Brera, venivano meglio – il portiere della Roma Alisson. Qualcosa vorrà dire, no? Peraltro Alisson è anche l’autore del rilancio-assist ciccato come manco alla scapoli-ammogliati da Bambino Santon.

 

E’ finita pari, ma la sfida tra i due coach è piuttosto chiaro che l’ha persa: il manager piangino. Però, intanto che il ministro della Difesa Spalletti – che ormai ha una difesa che balla come manco a “Dance Dance Dance” – smoccolava a bordo campo, a Linate sbarcava Rafinha, che dovrebbe essere appunto “il giocatore di spessore”. Un giocattolino rotto da 35 milioni in prestito. E valli a capire, questi cinesi, ma valli proprio a capire.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"