La disfida del cinema
La guerra miliardaria per Warner Bros fra primogeniture, odio e antitrust
Secondo il New York Times comunque vada lo scontro tra Netflix e Paramount per il primo studio cinematografico della storia americana sarà una sciagura
Partiamo dall’Antitrust. Il resto, con il metro di noi spettatori, è inafferrabile. Venerdì scorso Netflix ha offerto 83 miliardi di dollari per i prestigiosi e antichi studi della Warner Bros, che comprendono la tv via cavo Hbo e la piattaforma streaming Hbo Max. Lunedì Paramount ha rivolto la sua proposta di acquisto direttamente agli azionisti Warner: 108 miliardi in totale. Offerta considerata “ostile” – nel gergo degli azionisti e della finanza, significa che non considera definitivo l’accordo tra i consigli di amministrazione rivali.
“Allacciate le cinture, si balla!”, annunciava Bette Davis in “Eva contro Eva”: Il film fu prodotto nel 1950 dalla 20th Century Fox, ora 20th Century Studios, acquisita nel 2019 dalla Walt Disney. Fu un gran terremoto a Hollywood. Ma allora la major combattevano a armi pari: facevano lo stesso mestiere con le stesse regole, gli ordini di grandezza erano comparabili, Netflix non era ancora il gigante streaming che è diventato, partendo nel 1997 con il noleggio Dvd, facili da restituire in ogni cassetta postale.
Sul New York Times un “guest essay” di Tim Wu – professore di diritto specializzato in antitrust – sostiene che sia l’offerta di Netflix sia quella di Paramount sarebbero per la Warner Bros un sciagura. Certo, la stessa Warner Bros che voleva impedire ai fratelli Marx di intitolare un loro film del 1952 “Una notte a Casablanca”, sostenendo che “Casablanca” fosse cosa loro, dopo il film del 1942. Risposero i Marx: “Se è per questo, noi eravamo fratelli molto prima di voi”, quindi per favore smettetela di farvi chiamare Warner Brothers.
La Warner fu il primo studio cinematografico americano, ha compiuto cento anni nel 2023. E’ stato il primo a girare film sonori, il primo a scommettere sulla tv, il primo a pescare nel mare infinito dei supereroi. Nel 1990, il primo a investire nella tv di qualità – diciamo “premium tv”, risulta meno antipatico. Insomma: le grandi serie trasmesse prima via cavo, poi con il servizio streaming Hbo Max. Dai “Soprano” a “Succession”, da “The Wire ” a “Girls”, da “Six Feet Under” a “White Lotus”. Una preda piuttosto ghiotta per chi deve riempire palinsesti e raccogliere abbonamenti.
Netflix – che ha fatto l’offerta – è il grande innovatore di quest’ultimo decennio. Prima, non si parlava di “binge watching”, gli episodi uscivano a scadenze settimanali. E neanche di prodotti seriali capaci di riscuotere immediato successo su scala mondiale, per esempio il coreano “Squid Game”. Insieme, sarebbero quel che in gergo viene chiama “cash cow”: una vacca da reddito. Capace di generare molto denaro, ma non quanto potrebbero generare le due parti separate. Di più, una è prima, l’altra terza o quarta. Si rischia il monopolio, una serie come “White Lotus” avrebbe un solo possibile acquirente.
E se invece fosse Paramount a comprarsi le azioni di Netflix? Ci sarebbero sovrapposizioni nello streaming, da eliminare con una riduzione del personale. Larry Ellison, secondo il Financial Times l’uomo più ricco del mondo con un patrimonio di oltre 350 miliardi di dollari, aveva già fatto la sua offerta prima di Netflix, quindi non è tanto contento di come sono andate le cose. E’ anche amico di Donald Trump, per quel che può valere di fronte a un simile smisurato numero di miliardi.
Va detto, a completare il quadro, che tutti a Hollywood odiano Netflix, colpevole di aver distrutto un business finora prospero. Il ceo Ted Sarandos è considerato con disprezzo colui che ha ucciso il “moviegoing” – i film visti al cinema fuori casa. Lui ribatte: “Per molte persone i film al cinema sono roba del passato”.