"Il Mostro" su Netflix
sul piccolo schermo
Il mondo impazzisce per l'italianità, quella banale e quella oscura, nelle serie tv
"Il Mostro" (su Netflix) e "Hotel Costiera" (su Prime) insieme funzionano bene. Il pubblico internazionale ha capito che l'Italia è proprio questo: un posto dove puoi gustare il limoncello al tramonto ma anche finire squartato in un bosco, forse ammazzato da un serial killer
Dunque, ci sono due serie italiane o quasi che non potrebbero essere più diverse ma che stanno scalando le classifiche dello streaming. Su Prime c’è “Hotel Costiera”, produzione italo-americana che sembra una soap turca in trasferta a Positano. Su Netflix il Mostro di Firenze (“Il Mostro”) elogiato anche da Variety, in cima alla top ten globale della piattaforma. Il mondo del cinema piange per i tagli ministeriali, le serie evidentemente vanno dritte al punto.
“Hotel Costiera” e “Il Mostro” funzionano bene insieme. Come se il pubblico globale avesse finalmente capito che l’Italia è proprio questo: un posto dove puoi gustare il limoncello al tramonto ma anche finire squartato in un bosco, forse ammazzato da un serial killer imprendibile che usa sempre la stessa Beretta calibro 22. Il successo del “Mostro” però era meno prevedibile. Perché Positano è roba nostra, pronta per l’esportazione, ma coi serial killer la concorrenza è spietata. Su Netflix si impazziva già per Ed Gein, la musa di “Psycho”, il “macellaio di Plainfield” che confezionava paralumi di pelle umana, poi un diluvio di altri serial killer pronti per Halloween nei trailer. Il mostro di Firenze però ha qualcosa in più. Ma cosa?
Fremantle e Stefano Sollima (che l’ha diretta e prodotta insieme a Lorenzo Mieli e Gina Gardini) sembrano aver colto l’esortazione di Netflix meglio di chiunque altro: storie locali per immaginari globali. Se “Hotel Costiera” esalta un generico languore mediterraneo intercambiabile con la Grecia o la Turchia, “Il Mostro” sprofonda nell’italianità più oscura, specifica, irriducibile. C’è sempre Firenze nell’aria, ma è quella che Hannibal Lecter disegnava ossessivamente in cella d’isolamento nei suoi schizzi col profilo del Duomo. “Il Mostro” non è solo un caso irrisolto ma ciò che succede all’epica del serial killer quando la cali nella realtà italiana. Troppe piste, troppi sospettati. Un mammozzone di indizi, teorie, cospirazioni: il contadino, la pista sarda, l’esoterismo, le messe nere, i complotti, i servizi, le coperture, i depistaggi, il neofascismo, la massoneria e naturalmente la magistratura nel panico, quindi processi, appelli, assoluzioni, nuove incriminazioni, teoremi che crollano, nuovi teoremi che vengono costruiti sulle macerie dei precedenti – nel “Mostro” manca solo Dell’Utri (o forse c’è anche lui).
Questa cosa affascina soprattutto il pubblico globale: crazy country but beautiful, impossibile venirne a capo, sorry. E’ l’indagine che diventa labirinto, il caso che diventa caso del caso, il mistero che genera solo altri misteri. Gli altri serial killer prima o poi li prendono. Dahmer? Preso, processato, ucciso in carcere, psicologia analizzata fino all’osso. Ed Gein? Stesso copione. Ted Bundy? Idem. Le serie americane chiudono il cerchio: cattura, processo, spiegazione psicologica, contesto sociale, tutto catalogato e archiviato. Il Mostro di Firenze no. Non c’è un cerchio da chiudere. E’ un frattale investigativo che si replica all’infinito senza mai convergere verso una soluzione. “Il Mostro” di Sollima è fondamentalmente Zodiac – il film di Fincher, il caso californiano che ha ossessionato generazioni di investigatori – però con la magistratura italiana e il Tar del Lazio. Una goduria per gli amanti del crime che sotto sotto fanno il tifo per il cattivo.
Grazie a Netflix, nove milioni e mezzo di persone nel mondo ora conoscono Scandicci e Calenzano (oltre a quelle che hanno imparato che Positano è un buon posto per tradire il marito con l’istruttore di tennis). Nove milioni e mezzo di persone hanno visto le colline del Chianti non più come location per matrimoni da sogno ma come scene del crimine. E anche da noi, tutti ora vogliono il loro pezzo di “Mostro”: “Un successo la serie evento sulla pista sarda”, scrive con orgoglio l’Unione Sarda, mentre su Immobiliare.it c’è il “tour dei luoghi del Mostro”: Prato, Signa, Baccaiano, Mercatale in Val di Pesa, dove abitava Pacciani, volendo anche acquistare in caso un rustico o una porzione di casa colonica da ristrutturare.