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Omaggi, documentari e caos alla Festa del cinema di Roma
Il film forse più atteso – “Hamnet” di Chloé Zhao – era impossibile da acchiappare (sale piccole, e proiezione serale con il pubblico). C’erano le serie, con “Sandokan” e la stagione finale di “Vita da Carlo”, protagonista e ideatore Carlo Verdone
Alla Festa di Roma ci sono tanti film che non abbiamo tanta voglia di vedere. Per esempio, la sventagliata di documentari sui più vari argomenti, una parte cospicua sulla storia del cinema. Da Alfred Hitchcock a Bombolo: uno ripreso mentre gira “Blackmail”, il suo primo film; l’altro – vero nome Franco Lechner – raccontato in vari momenti della carriera. I titoli interessanti saranno presto in tv o sulle piattaforme. Con la fatica che si fa a trovare il biglietti e prenotare i film davvero imperdibili, e il traffico di Roma mai davvero sperimentato nei suoi momenti peggiori, e la navetta che sale verso l’Auditorium ogni 40 minuti (teorici, dicono i conducenti, “c’è traffico e non riusciamo a rispettarli") non abbiano neppure tentato.
Tanti gli omaggi, che non si negano a nessuno. Federico Fellini in prima fila, poi Tonino De Bernardi, poi Mario Martone. Si aggiungono gli anniversari. “The Rocky Horror Picture Show” di Jim Sharman che compie 50 anni – e non è invecchiato di un giorno, come spesso succede al camp. Quattro film di Claudio Caligari, morto dieci anni fa. Non poteva mancare una Maratona Pasolini, a 50 anni dalla morte violenta. C’è un omaggio a Carlo Rambaldi, geniale fabbricatore di mostri nato cento anni fa. E una manciata di restauri, intitolata “Gocce di cinema”, in collaborazione con Acea che rifornisce Roma di gas ed elettricità. Da “Sunset Boulevard” di Billy Wilder a “L’Atalante” di Jean Vigo, tutto su una chiatta. Da “Fitzcarraldo” di Werner Herzog a “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto”, versione originale di Lina Wertmuller.
Ci sono vari film che abbiamo già visto, frequentando Cannes – così possiamo guardare con compatimento alle signore convinte che l’Auditorium ospiti un Festival di eccezionale qualità artistica – per non parlare della perfetta organizzazione. Il film forse più atteso – “Hamnet” di Chloé Zhao – era impossibile da acchiappare (sale piccole, e proiezione serale con il pubblico, arrivati lassù alle nove del mattino, a una certa ora dall’Auditorium si ha voglia di scappare). Avevamo per fortuna già visto il magnifico “Nouvelle Vague” di Richard Linklater, in uno spettacolare bianco e nero. E il vincitore della Palma d’oro 2025 Jafar Panahi, con “It Was Just an Accident” (per entrambi i registi, un premio alla carriera). C’era il concorso Progressive Cinema, con 18 film – complimenti a chi è riuscito a vederli. C’erano le serie, con “Sandokan” e la stagione finale di “Vita da Carlo”, protagonista e ideatore Carlo Verdone.
“Anna”, omaggio della regista e attrice Monica Guerritore a Anna Magnani, ha avuto parecchi fischi. Il film che davvero aspettavamo, “Homo argentum” di Mariano Cohn e Gastón Duprat, viene proiettato oggi, sabato. Se è bello come i precedenti, ne scriviamo lunedì.
Alla festa del Cinema