
LaPresse
Il lutto
Addio a Claudia Cardinale, l'italiana più bella che veniva da Tunisi
Figlia di emigranti siciliani in Nordafrica, parlava francese e sognava di insegnare, ma il destino l'ha fatta diventare la musa di Fellini e Visconti. Una carriera di 150 film e un fascino inconfondibile che ha cambiato il volto del cinema italiano
Una storia d’emigrazione all’inizio del Novecento. Quando per i siciliani la meta non era la Germania e neppure la Svizzera. In cerca di un lavoro e di una vita meno grama andavano a Tunisi. E’ questa la vicenda che sta dietro Claudia Cardinale, italiana nata in Tunisia. A emigrare erano stati i genitori siciliani. Quando le cose si misero male – per gli italiani alleati con i tedeschi – non rinunciarono alla cittadinanza. Cominciarono a parlare tra loro sempre e solo francese. L’italiana di Tunisi, bellissima, parlava francese con quel tono profondo, ruvido e “maschile” che la distingueva dalle altre giovani attrici cinguettanti. Verrà doppiata fino a “Otto e mezzo” di Federico Fellini: è l’angelo che turba Marcello Mastroianni. Con la fascia da Miss arriva alla mostra di Venezia 1957 – era andata a un concorso assieme alla sorella Blanche, maggiore di lei e che il cinema lo sognava. Claudia invece voleva fare l’insegnante, nella Tunisia profonda. Scappa in Italia quando rimane incinta, partorisce a Londra in grande segreto (complice il produttore Franco Cristaldi) e da allora presenterà il figlio Patrick come suo fratello. Sceglie il cinema come ripiego.
Fu Pietro Germi a insegnarle a recitare, dichiarò. Il Centro sperimentale – ebbe per maestra di dizione Tina Lattanzi, celebre per il birignao – non era granché servito. Accadde nel film “Un maledetto imbroglio”, tratto da “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” di Carlo Emilio Gadda. Nel 1958 aveva già avuto il ruolo di “Cammela, compóniti” nei “Soliti ignoti” diretto da Mario Monicelli e con Tiberio Murgia a pronunciare il tormentone. Il 1963 è l’anno di “8 e 1/2” e del “Gattopardo”, girati in contemporanea. Federico Fellini a lungo tentenna, quando si decide scopre che Claudia Cardinale ha già un contratto con l’arci-rivale Luchino Visconti: sarà la bella Angelica, figlia di Don Calogero Sedara, contadino e sindaco tendenza bifolco che l’ha mandata a studiare in collegio a Firenze (ricco, è piuttosto ricco). Accanto a lei, nella parte del giovane principe di Salina, nipote del Gattopardo, lo splendido Alain Delon. Nella scena delle “novizie”, quando Tancredi racconta l’assalto al convento e Angelica ride come a quei tempi non era permesso a una ragazza, figuriamoci per una battuta piccante – “se ci fosse stata lei non avremmo avuto bisogno delle novizie” – sono davvero la coppia più bella del mondo.
Fellini incassa il colpo. “Il Gattopardo”, inteso come romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, viene stroncato dalla critica di sinistra (che di romanzi ha sempre capito pochissimo, va detto) e nel 1959 aveva vinto il Premio Strega. Primo caso di vittoria postuma (un altro paio di casi successivi non erano neppure lontanamente all’altezza). Fellini incassa il colpo, vuole comunque Claudia Cardinale e si impunta sul colore dei capelli: castano chiarissimo, mentre Angelica era mora. La poveretta non solo viaggiava di continuo da Roma in Sicilia, ma era costretta a passare ore dal parrucchiere. Per vendicarsi di tanta bellezza, Alberto Moravia intervista Claudia Cardinale trattandola come se fosse un oggetto. “Come questo tavolo, questa poltrona, questo libro?” chiede lei? Nessuno si scandalizzò, per l’Intervista d’Autore. Ma era molto peggio del “Cammela, compóniti”, con cui Tiberio Murgia custodiva la ragazza da marito. Fu doppiata in parecchi film: non parlava bene l’italiano, e soprattutto aveva un voce bassa e rauca, mentre andavano di moda le sgallettate. Cominciò con “La ragazza con la valigia” di Valerio Zurlini e girò 150 film. Era stata amica di Alain Delon, unico che tra i colleghi non le era sembrato “cupo, silenzioso, poco comunicativo”.



Popcorn