FACCE DISPARI

Teresa Saponangelo: “I miei volti di donna, da Eduardo a Capuano”

Francesco Palmieri

L’attrice debutta come conduttrice dei premi Le maschere del teatro italiano, porta in scena Rosa Priore di Eduardo e al cinema la donna ferita di Capuano: "Il teatro è un antidoto alla stanchezza, ogni sera si ricomincia". Intervista

Certe curiose sincronicità sono difficilmente ascrivibili al caso. Teresa Saponangelo si prepara a impersonare a teatro una moglie che tiene assieme la famiglia – l’eduardiana Rosa Priore di “Sabato, domenica e lunedì” – e intanto sbarca alla Mostra del Cinema di Venezia con il film fuori concorso di Antonio Capuano, “L’isola di Andrea”, nel ruolo di una donna che affronta i traumi della separazione coniugale. Partner Vinicio Marchioni.

Tra l’una e l’altra cosa, venerdì 12 settembre l’attrice si cimenterà come conduttrice nella cerimonia di consegna dei premi ‘Le maschere del teatro italiano 2025’ in diretta differita su Rai Uno, manifestazione promossa dalla Fondazione Teatro di Roma con il patrocinio dell’Agis. Ideata nel 2002 da Luca De Fusco e Maurizio Giammusso, oggi conta una giuria trasversale di oltre mille professionisti e di abbonati delle maggiori sale nazionali, per 13 premi e tre riconoscimenti speciali.

C’è un fil rouge che collega attraverso il suo volto la Rosa Priore di Eduardo De Filippo in “Sabato, domenica e lunedì”, la Marta di “L’isola di Andrea” ma anche la mamma di Paolo Sorrentino nell’autobiografico “È stata la mano di Dio” del 2021. Tre autori napoletani, tre famiglie, tre epoche e altrettante declinazioni.

Sono i personaggi femminili quelli che esprimono maggiormente i mutamenti intervenuti nei contesti familiari. Rosa Priore di Eduardo e Maria Schisa di Sorrentino riescono, spinte da circostanze oggettive, a contenere l’infelicità personale in nome dell’amore. La donna di Capuano vive invece un’epoca in cui, quando prevale l’incomunicabilità, ci si lascia più facilmente ma con inevitabili contraccolpi sui figli e su se stessi. Sono storie che raccontano, se messe in fila, grandi cambiamenti emotivi, economici, giuridici e sociali. Il pendolo interiore oscilla tra rinuncia e aggiustamento, come ho sperimentato anche a livello personale.

 

I giovani fanno pochi figli e si sposano meno.

Più che immaturità è paura. Adesso costruire una famiglia comporta maggiori sacrifici. È saltato l’assetto sociale di “Sabato, domenica e lunedì”. Chi vive nelle grandi città lotta con gli affitti drogati dall’overtourism e si è complicata la gestione dei figli. La donna lavora, e se non hai zie e nonne ad aiutarti gli asili nido certo non risolvono i problemi. Poi c’è l’aspetto individuale: non si è più così disposti a restare infelicemente insieme.

 

Lei è per aggiustare o rinunciare?

Ora sono più per l’aggiustamento, ma dipende dall’età. Perciò sono felice di interpretare Rosa Priore, che nella commedia di Eduardo ha i miei stessi anni: 52. Una fase di consapevole maturità. Il teatro dà la possibilità di riflettere sui personaggi con tempi più lunghi rispetto alla tv e al cinema e ciò costituisce un’opportunità straordinaria. È un antidoto alla stanchezza del mestiere perché ogni sera si rinnovano la paura di sbagliare, l’ansia dell’entrata in scena, la soddisfazione degli applausi. La risposta immediata del pubblico ti tiene vivo.

 

“Sabato, domenica e lunedì” andrà in scena al Teatro di Roma dal 25 novembre al 4 gennaio per la regia di Luca De Fusco, che già lo portò a Mosca nel 2018, ma la commedia in Italia non si rappresentava da quasi un quarto di secolo.

De Fusco è un regista che rispetta il testo senza i protagonismi di chi, quando dirige, tende a farsi autore. Lo spettacolo andrà anche in tournée in una quindicina di piazze, cosa purtroppo diventata rara. Ormai gli attori del Sud non conoscono quelli del Nord e scarseggiano gli scambi. Ne è penalizzato anche il pubblico, perché non conosce quasi mai realtà artistiche diverse da quelle locali.

 

La parte di Rosa Priore conta illustri interpreti. Si richiama a qualche modello?

Mi sforzo di non riguardare i precedenti perché mi metterebbe ansia. Lo farò dopo.

 

Preferisce il cinema o le serie tv?

Guardo pochissimo le serie. Preferisco un film, che in un’ora e mezza ti racconta tutto.

 

L’ultimo libro letto?

“Primmammore” di Titti Marrone, ispirato alla tragica storia della bambina di sei anni violentata e gettata da un palazzo a Caivano. È un’inchiesta sull’orrore delle periferie, sulle speculazioni che rimontano al post-terremoto e sui ritardi della politica. Sui luoghi dove cresci, che sono fondamentali.

 

Lei è nata a Taranto ma è cresciuta a Napoli nella zona di Monte di Dio, quella cui Erri De Luca dedicò un omonimo libro.

Ho vissuto dai 2 ai 19 anni tra l’aristocratico Palazzo Serra di Cassano, la Scuola Militare Nunziatella e il tessuto popolare circostante come in due città mescolate. Da parte paterna ho ereditato anche la memoria emotiva pugliese, riemersa quando ho lavorato con Rubini e Mezzapesa.

 

Ha sempre voluto fare l’attrice?

Sognai pure di diventare hostess, ma l’altezza non lo consentì. Meglio così, stare sempre sugli aerei mi avrebbe logorata.

 

È femminista?

Mi ci sento tanto quando vedo le ragazzine che espongono sui social tette e culi. M’inducono a pensare alla perdita di una battaglia, a quanti passi indietro sono stati fatti rispetto alle donne che hanno lottato per i propri diritti. Nello stesso tempo disapprovo gli estremismi del MeToo, che hanno portato addirittura all’Intimacy coordinator per supervisionare le scene sui set con il rischio di comprimere la libertà artistica. Era giusto sollevare la questione degli abusi, ma l’obiettivo dovrebbe essere un equilibrio che rispetti anche il racconto della sessualità.

 

Di più su questi argomenti: