
(foto Ansa)
Venezia 2025
Ecco la serie su Enzo Tortora. Per Marco Bellocchio è l'ora delle precipitose marce indietro
Alla Mostra del cinema di Venezia arriva la serie HBO sul caso di malagiustizia che portò all'arresto del presentatore: manette all'alba, nessuna spiegazione. E un'Italia che sta a guardare senza troppo scandalo
Per Marco Bellocchio è l’ora delle precipitose marce indietro - per non dire brutalmente “voltafaccia” - rispetto alle posizioni che ha coltivato per decenni e lo hanno reso famoso. Nel 1965, a 25 anni o poco più, aveva scritto e diretto “I pugni in tasca”: ritratto in nero, con carneficina, di una famiglia in una grande casa dell’Appennino piacentino. Manifesto molto celebrato contro l’istituzione familiare. Nel 2021 ha girato “Marx può aspettare”: la famiglia intera riunita al ristorante per una ricorrenza, con i vestiti della festa e la bella tovaglia sulla tavola. Tra le malinconie, il ricordo commosso di Camillo, fratello gemello del regista, morto suicida nel 1968.
Ora Bellocchio ha dedicato una serie - prodotta da HBO, che sbarcherà in Italia l’anno prossimo, le prima due puntate erano alla Mostra di Venezia - al caso giudiziario che portò all’arresto di Enzo Tortora e alla sua carcerazione iniziata il 17 giugno del 1983 (terminerà un anno e un mese dopo, e nel 1987 il presentatore verrà assolto). Manette all’alba, nessuna spiegazione (quando verranno, saranno pochissimo convincenti). L’Italia che sta a guardare, senza troppo scandalo. “Portobello” era una trasmissione di varia umanità e strepitoso successo popolare. Non c’erano i social, ancora. Ma c’era la maligna convinzione che se sei ricco e famoso devi avere qualcosa da nascondere - uno sporco segreto o qualche scheletro nell’armadio - da sottoporre al tribunale del popolo. Per aggravante, il fatto che Enzo Tortora fosse più colto del medio personaggio televisivo italiano. E votasse liberale, lontano dalla DC e dal PCI.