
Foto LaPresse
Lido Raimondo
Caccia al selfie ma sono pochi gli attori a Venice4Palestine
Promossa mediaticamente come un’adunata del cinema italiano per “accendere i riflettori su Gaza”, era lecito aspettarsi una sorta di red carpet alternativo e impegnato. Presenze pochine
Alla manifestazione Venice4Palestine c’erano anche i cacciatori di autografi. Fanno parte della fauna che popola il Lido in questi giorni di Mostra del Cinema, affacciati sul red carpet oppure che fanno “le vasche” su e giù per il lungomare. Molti vogliono il selfie, alcuni persino il video dove il vip li saluta non guardandoli negli occhi ma nello schermo dello smartphone, poi ci sono anche quelli vecchia maniera che vogliono la firma su un quadernetto. Alcuni hanno obiettivi precisi (Cate Blanchet, Jude Law...), ma per la maggior parte vale tutto, è una pesca a strascico; alcuni per fare numero sono talmente determinati – per non dire disperati – che si fanno un selfie anche con me. Per loro, Venice4Palestine era un’occasione ghiotta: promossa mediaticamente come un’adunata del cinema italiano per “accendere i riflettori su Gaza” (cito dal comunicato), era lecito aspettarsi una sorta di red carpet alternativo e impegnato, con solo divi italiani però tutti e tutti insieme. Alla fine però di attori e attrici ce n’erano pochi, che si conoscono ancora meno (Riondino, Porcaroli, Fanelli); la maggior parte dei manifestanti erano persone comuni, giunte qui in vaporetto con le bandiere della Palestina, ma anche bandiere rosse con falce e martello, bandiere della Pace, bandiere della Cgil, e molte bandiere gialle con su scritto “No all’inceneritore a Porto Marghera” – si vede che l’inceneritore è sionista.
Una signora mi ferma (mi riconosce, mi ha visto in tv) e mi chiede se c’è Favino; io non lo so, non so manco se Favino ha firmato il famoso appello alla base della manifestazione, però so per certo che l’indomani presenta il suo film alla Mostra quindi farà il red carpet; la signora è visibilmente delusa, mi spiega che sul tappeto rosso lei non ci va “perché i giovani occupano i posti migliori dalla mattina, io non posso perché lavoro”, e alla fine si accontenta di farsi un selfie con me.
Il corteo parte dalla fermata dei vaporetti, poi procede lentamente verso il lungomare; a un certo punto incrocia un chiosco che tiene la musica sempre altissima, e il caso vuole che in quel momento mandasse tutte canzoni di Toto Cutugno: l’effetto delle bandiere della Palestina su “Italiano”, “Soli” e “Una domenica italiana” è straniante. A un certo punto vedo passare fra i manifestanti Nichi Vendola ma in senso contrario alla marcia, non ha una bandiera ma un trolley, mi sa che sta solo cercando il suo albergo. Il corteo arriva pacificamente fin dove gli è concesso arrivare; a quel punto ancora qualche slogan, un paio di canti, e poi si disperde: chi va alla festa di Armani, chi a qualche proiezione, chi semplicemente a riprendersi il vaporetto.
Mediaticamente, sui social come sui giornali, ha fatto molta più notizia la manifestazione di Genova, con la partenza della Global Flotilla per portare 300 tonnellate di aiuti a Gaza; è proprio vero che il cinema italiano non tira più come prima. Dall’indomani, il clima alla Mostra è molto più rilassato. Nei giorni scorsi, per ogni attore o attrice che diceva la sua sulla situazione in medio oriente, ce n’erano il triplo che scappavano per evitare domande su Gaza; un giornalista mi ha assicurato che persino Zerocalcare, a una domanda sulle tanto criticate dichiarazioni di Fanelli, se l’è data a gambe. Adesso invece, se ti contestano qui alla Mostra non è più per le tue idee geopolitiche, ma per i tuoi gusti cinematografici: tipo me, che siccome sono l’unico a cui è piaciuto “Jay Kelly” con George Clooney, al Lido mi trattano come fossi Gal Gadot o Gerard Butler.