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il film
Sorrentino ha colto in pieno la condizione umana del capo dello stato
"La Grazia" esplora con delicatezza l’umanità del Presidente della Repubblica, costretto a fronteggiare doveri istituzionali e tormenti personali, interpretato da Toni Servillo
Al presidente della Repubblica che la notte non riesce più a sognare viene chiesto cosa vorrebbe vedere in sonno se potesse riacquistare le sue facoltà oniriche: “L’assenza di gravità” è la sua lapidaria risposta. Per questa ragione allora sembra invidiare l’astronauta italiano nello spazio con il quale si attarda nel collegamento video anche se fallisce quello audio: solo come lui, ma alleviato dal galleggiare in un ambiente in cui magari sarebbe possibile non avvertire così forte il peso delle proprie responsabilità istituzionali, del sentirsi “il mondo sulle spalle”. Ma il presidente – vedovo infelice e ancora innamorato nonostante la ferita di un lontano tradimento – proprio non riesce ad accogliere i ripetuti inviti della formidabile amica di una vita a coltivare un po’ di quella straordinaria leggerezza che lei cerca di portare di tanto in tanto con le sue incursioni scoppiettanti nelle stanze del Quirinale.
Il film di Paolo Sorrentino che ha inaugurato la Mostra del cinema di Venezia coglie efficacemente l’essenza della condizione umana prima ancora che politica del capo dello stato riuscendo nell’ardua impresa di raccontare sul grande schermo la figura più austera e solenne del nostro ordinamento. Il miracolo artistico si compie sin dai primi fotogrammi, quando, sullo sfondo del cielo biancoceleste attraversato dalle frecce tricolori, è scandito l’intero testo dell’enigmatico articolo 87 della Costituzione. La norma – su cui si sono esercitati schiere di costituzionalisti – elenca le prerogative del presidente della Repubblica, ma sembra quasi voler confondere le acque: alterna quelle fondamentali a quelle meramente cerimoniali; e non menziona i poteri importantissimi che riguardano la formazione dei governi e lo scioglimento anticipato del Parlamento, forse intenzionalmente nascosti dai padri costituenti in altre disposizioni per dare meno nell’occhio.
Il film fa qualche allusione alla capacità e alla prudenza mostrate dal presidente nel gestire le crisi di governo durante il settennato (anche se qualcuno gli rimprovera l’essersi limitato a “giocare di rimessa”), ma si concentra sui poteri di autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge e di concessione della grazia. Proprio al termine del mandato, gli tocca affrontare le questioni etiche e politiche più delicate, la disciplina del fine vita e la richiesta di un atto di clemenza per due detenuti a causa dell’omicidio del coniuge commesso in situazioni disperate. Cattolico osservante e giurista sofisticato si interroga a lungo sul da farsi prima di decidere in un costante dialogo, sofferto ed emozionante, con la figlia che gli è sempre stata a fianco, preziosa collaboratrice ma anche inflessibile coscienza critica.
Toni Servillo è un presidente che nella figura ricorda da vicino Francesco Cossiga, ma che dà meravigliosa sostanza a un’originale composizione di fantasia e frammenti di realtà. Tanti i riferimenti a diversi presidenti della nostra storia presente e passata, a cominciare naturalmente da quelli di scuola democristiana Sergio Mattarella e Oscar Luigi Scalfaro (ma mi è sembrato di ritrovare anche il cappello Borsalino e l’eleganza napoletana di mio padre). Anna Ferzetti è la bravissima interprete di chi è chiamato a svolgere il difficile mestiere di figlio. A Paolo Sorrentino, dopo aver profetizzato l’avvento di un Papa americano (chissà se beve Coca cola zero alla ciliegia), non mi rimane che augurare di indovinare anche un capo dello stato che ama la musica rap (ma ho l’impressione che debba aspettare almeno il prossimo).


Festival del cinema di Venezia
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Lido Raimondo