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il lutto
“Il cinema italiano piange Pierino”: palma d'oro dei coccodrilli più improbabili
Dimenticato, disprezzato, poi riscoperto: Alvaro Vitali se ne va lasciando dietro di sé una scia di risate sguaiate e popolarissime. Con i suoi film riempiva le sale quando le sale si svuotavano. Ma nessuno oggi potrebbe dire di rimpiangerli senza sentirsi più scemo della più scema delle gag di Pierino
“Il cinema italiano piange Pierino”. Il titolo che campeggia su ogni necrologio rispettabile in queste ore merita la palma d'oro dei coccodrilli più improbabili. Si è sempre relegato Alvaro Vitali nel ghetto del trash, agli ultimi posti del gusto, come una vergogna nazionale, ora lo si racconta come un grande attore, un artista, un pezzo di memoria collettiva. Ora tutti scoprono che aveva lavorato con Fellini, Pasolini, Lattuada. Curriculum che si conosceva anche prima, ma che non era mai bastato a salvarlo dal pregiudizio. Solito vecchio trucco: disprezzare chi fa soldi a palate con la risata sguaiata e popolare, poi recuperarlo post-mortem per sembrare meno snob.
I film di Pierino invece erano proprio scemi, come ricordava sempre Alvaro Vitali. Erano fatti per durare una stagione, incassare, sparire. Erano però anche un pezzo di Italia e di cinema fondato ancora sulla maschera, l'iperbole grottesca e mostruosa. Ancora oggi ogni tanto spuntano fuori nei palinsesti notturni come un fantasma benefico, una presenza familiare che ti rassicura. Osannato per un decennio, dimenticato per tre, recuperato ogni tanto dalla tv come caso umano, Alvaro Vitali vedeva il cinema come “un grande regalo della vita” o una più prosaica botta di culo. Ma si affliggeva quando lo raccontavano come il simbolo di tutto ciò di cui il cinema italiano si vergognava. “Se c'era un peto incendiato in un film di Bellocchio andava bene, se lo facevo io, ero volgare”, diceva in un’intervista di qualche anno fa. E anche se così su due piedi non ci ricordiamo peti fumanti in Bellocchio o forse ce li siamo persi, è comunque bellissimo immaginarli.
Eppure non solo Alvaro Vitali, ma anche il personaggio di Pierino nasceva da Fellini. È Fellini che sul set di “Amarcord” gli infila un basco e dice "sembri Pierino". È lui che gli riconosce "tempi comici straordinari". È dall’immortale capolavoro felliniano che nascono tutti quegli episodi scolastici trash e scollacciati che faranno miliardi nell’Italia degli anni Ottanta. Pierino è un reebot di “Amarcord”. Una parodia delle gag felliniane, il compagno di banco scemo, la professoressa scosciata, la spernacchiata. Il fenomeno Pierino – quattro film dal 1981 al 1990, miliardi di incassi, "pierinite" nazionale – arriva quando la commedia all'italiana è già morta. È il 1981, l'epoca d'oro è finita, le sale chiudono una dopo l'altra, tv private e videocassette stanno cambiando tutto. E in questo panorama desolante arriva un personaggio improbabile che trasforma le barzellette popolari più sceme in un fenomeno cinematografico. Budget minimi, nessuna pretesa, massima resa commerciale per la Dania Film di Luciano Martino, casa di produzione devota al genere. Nel 1981, "Pierino contro tutti" incassa dieci miliardi di lire, ma è il "punto più basso del cinema italiano", scrivono un po’ tutti. Mentre a Milano spopolava il terruncello di Diego Abatantuono, Alvaro Vitali occupava Roma, il sud, le isole. Era la geografia del successo popolare contro quella della noblesse critica. Nord versus sud, anche nel cinema. Lavorava a getto continuo e a ritmi fordisti: "La poliziotta" al mattino, "L'insegnante" il pomeriggio, "Rugantino" al Sistina la sera. Due set e un musical. Così per anni, su e giù per l’Italia, senza mai fermarsi. Incarnava il cinema che funzionava in un momento in cui il cinema italiano aveva preso l’irreversibile curva discendente verso il nulla. Riempiva le sale quando le sale si svuotavano. Faceva ridere bambini e militari in licenza con dei film fatti male, tirati via, eppure sintonizzati sulla voglia di evasione del pubblico quando i film d’autore italiani non riuscivano più neanche a catturare i cinefili. Ma nessuno oggi potrebbe dire di rimpiangerli senza sentirsi più scemo della più scema delle gag di Pierino.