
Cannes 2025. Panahi vince la Palma, i Dardenne si accontentano della miglior sceneggiatura
Il regime degli ayatollah ha cercato in ogni modo di farlo smettere, vietandogli di girare film, mettendolo agli arresti domiciliari, ritirandogli il passaporto. Ma il regista iraniano vince con “A simple accident”. Il generatore salva il festival. In una classifica per nazioni, ha vinto il Brasile
Neanche la mancanza di elettricità, forse causata da un attentato, ha fermato la macchina del Festival di Cannes. Il Palais è provvisto di un generatore tutto suo. Per qualche ora, tutti in sala stampa a caricare gli smartphone e a godere della connessione internet. Se non siete mai rimasti senza, vale per entrambi, meglio non provarci.
Intanto la giuria deliberava, senza far trapelare nulla. Ma almeno un premio era sicuro, a Jafar Panahi. Il regime iraniano ha cercato in ogni modo di farlo smettere, vietandogli di girare film, mettendolo agli arresti domiciliari, ritirandogli il passaporto. Per lui c’era sempre una sedia vuota ai festival. Anni e anni dopo, è riuscito a arrivare al festival di Cannes, dove la presidente della giuria era Juliette Binoche, vista in lacrime già davanti alla sedia vuota. Figuriamoci quando è salito sul palco per ritirare la Palma d’oro per “A simple accident”. Un incidente che fa incontrare un torturato con - forse - il suo torturatore. Difficile resistere alla tentazione di vendicarsi.
I fratelli Dardenne, che ci avevano fatto su un pensierino, per loro sarebbe stata la terza Palma d’oro, mai successo finora - non vanno comunque via da Cannes a mani vuote: si sono accontentati del premio per la migliore sceneggiatura per “Jeunes Mères”. Compromessi da giuria, il merito del film sta piuttosto in chi, dietro le quinte, ha badato ai bambini di pochi mesi, portandoli sul set.
In una classifica per nazioni, ha vinto il Brasile. Un premio per la regia di “O agente segreto” di Kleber Mendoza Filho, e al suo attore Wagner Mouro. Film militante contro la dittatura, lontano però dal consueto film di denuncia. Accoppiata che ha commosso la giuria: squadre della morte, burocrati, cadaveri putrescenti, uno squalo che ha divorato una gamba.
Non si è fatto mancare niente - senza ombra di politica, solo cinema - Bi Gan nel suo “Resurrection”. Premio specialissimo, assegnato prima di ogni altro. Un premio al cinema e alla sua storia: per far tornare la memoria, e i sogni spariti in un prossimo futuro, il cinema sarà di grande aiuto. Servirò tutto: dai primi film muti al cinema di vampiri.
“Sentimental Values” di Joachim Trier era dato tra i sicuri vincitori: ha avuto il Grand Prix per la sua storia tra Bergman e “Casa di bambola”. Ben piazzato anche il bel film della tedesca Mascha Schilinski, purtroppo a pari merito - nel giudizio della giuria - con “Sirat” di Oliver Lake: il più sconnesso tra i film in concorso. Grandi discorsi sulla pace che verrà, in quota LGBT l’attrice Nadia Melliti nel film di Hafsia Herzi, “La petite dernière”. La figlia piccola di una famiglia musulmana, lesbica.
Meno male che c’era John C. Reilly, che ha celebrato il ritorno dell’elettrico - leggi: dei bip, con gli smartphone finalmente carichi - cantando in inglese “La vie en rose”.