A Milano

Quentin Tarantino ha portato un po' di Hollywood in piazza Duomo. Tra fan, pensionati e mitomani

Jacopo Strapparava

E' arrivato in Italia per presentare il suo libro, Cinema Speculation. Un red carpet lungo una trentina di metri e una grande folla ad attenderlo. C'era un po' di tutto: cinefili curiosi. giovani sognatori e visionari svalvolati. Viaggio tra gli ammiratori del regista americano

Quentin Tarantino è in Italia solo per 48 ore. Giovedì sera era a Brescia – conferenza al Teatro Grande, poi cena alla Sosta, uno dei locali più famosi della città. Questa mattina è già ripartito Barcellona. Ma l'evento importante si è tenuto ieri sera. Ieri sera, il regista più famoso del mondo ha fatto un salto alla Mondadori di piazza Duomo. E noi, sono già un paio d’ore -  è il primo pomeriggio di venerdì - che siamo qui ad aspettarlo. Milano si è già svuotata per il weekend di Pasqua ma in Duomo c’è la folla delle grandi occasioni.

Dall’Arengario fino all’angolo con via Mazzini, è tutto transennato. Nel primo pomeriggio, solerti facchini hanno srotolato un tappeto rosso lungo una trentina di metri. E – per la gioia del pubblico – si è creato subito una specie di effetto Hollywood. "Chi viene?". "Tarantino!". "Tarantino?!". "Tarantino!". "Papà, fermiamoci anche noi!". "Ma cosa viene a fare Tarantino?". "Eh, viene a presentare il suo libro". "Dicono sia uno dei più venduti in Italia!"

 


Solo 300 fortunati, peraltro, riusciranno davvero a farsi fare l’autografo. I pass, raccontano, li hanno distribuiti due settimane fa, sono andati esauriti in un paio d’ore. Tarantiniani, qui, ce ne sono di tutti i tipi. Pensionati che lo seguono fin dagli anni 90. Un gruppo di giovani con la maglia di Pulp Fiction. Luca e Mattia, studenti allo IULM, vestiti come quelli delle Iene. Tre ragazze italo-ivoriane ("Siamo nere doc e milanesi doc"), decisamente effervescenti.

 



Il più simpatico è Rocco, 34 anni, lucano trapiantato al nord, regista emergente. "Ho una piccola casa di produzione. Su Instagram sembriamo forti, ma non c’abbiamo una lira…". Lo incontriamo mentre sta implorando quelli con il pass. Ha in mano una pennetta Usb. "Qualcuno di voi darebbe il mio film a Tarantino?" (trova un Alessandro, dottorando al Politecnico, di Fermo, che gli farà da messaggero).

 

Il meno simpatico è un anziano con l’impermeabile. "Devo parlare con Tarantino". Come mai? "Brad Pitt, Bruce Willis… sono malati, avete letto?... Ma io conosco un guaritore fenomenale in Sardegna…" (Dilemma del pomeriggio: abbiamo scelto una postazione da cui si vede tutto, non possiamo certo lasciarla… ma questo signore, proprio qui doveva mettersi?) Va be’.

Meglio concentrarsi sull’evento. Anche perché, come i minuti passano, la tensione sale. Alle 17.30 arriva una Mercedes nera con i vetri oscurati e la folla impazzisce. Tutti alzano i cellulari. Nessuno vede niente. Moltissimi girano video a vuoto. "Cos’è successo?". "Dov’è andato Tarantino?". "Siete riusciti a vederlo?".

Alle 17.34, l’amara constatazione: era un falso allarme. Sulla macchina c’era Elisabetta Sgarbi. L’editrice percorre su e giù il red carpet. Saluta gli amici, sorride. Si concede ai fotografi. È minuta. Vestita di nero, con la borsa nera, i capelli neri. Porta occhiali da sole con la montatura rossa, orecchini rossi e, sulle labbra, un rossetto rosso acceso. L’insieme le conferisce un nonsoché di eccentrico, sembra quasi una cantante rock. Le 17.50, e ancora niente. Nel frattempo, l’anziano con l’impermeabile ha ripreso il suo discorso: "In Sardegna non vanno in ospedale, si curano con un preparato tramandato di generazione in generazione…".

Alle 18.17, l’anziano è sempre più delirante: "Il preparato dei contadini sardi cura le cellule, sa? Io stesso ho testato quella cura. Il primo passo è mettersi un bicchiere sulla fronte…". Rassegnati, cominciamo a pensare che forse, al termine di questo lungo pomeriggio, non avremo mai visto Quentin Tarantino, ma ci saremo fatti una cultura sulle pratiche sciamaniche della Sardegna. Ed è solo alle 18.27 che – finalmente! – dalla via che corre a fianco a Palazzo Reale, sbuca un furgone nero, anche questo con i vetri oscurati. Stavolta ci siamo. Quentin scende. Boato. Quentin saluta la folla, agitando la mano. Ha una camicia con le maniche corte, una T-shirt e i jeans. Ai piedi, scarpe da ginnastica. Al volto, una mascherina nera. Tutto dura una manciata di secondi. Quentin fa cenno ai fotografi di spostarsi, deve entrare nella libreria.

Ma in quel momento, una delle sorelle Ouattara – le nere milanesi – grida: «My brother! My nigga!». Lui la sente, si gira. L’appellativo deve andargli a genio, perché si avvicina alle transenne per stringerle la mano. Tarantino, a detta di tutti, non ha l’atteggiamento spocchioso del divo. Entrato alla Mondadori, lascia che i pezzi grossi dicano quello che devono dire. Poi fa: "Am I supposed to say something?". Come a dire: basta chiacchiere, ci sono delle copie da firmare. Così, mentre il sole tramonta sopra piazza del Duomo, tutti i piccoli drammi di questa storia trovano il loro epilogo.

Mariam Ouattara telefona al padre italo-ivoriano: "Papa, on a touché la main de Tarantino! Papà, papà, gli abbiamo toccato la mano!". I due studenti vestiti come le Iene si avviano verso casa. Il guaritore sardo si aggira spaesato. Noi riceviamo un vocale da Alessandro, il messaggero del regista emergente: "Tarantino era molto disponibile. Ascoltava tutti. Gli ho dato la pennetta Usb. “Un regalo per te”. “Cos’è?”. “Un film di un artista emergente italiano, ti cambierà la vita”. Ha letto l’etichetta. “Grande, lo guarderò”. E se l’è messa in tasca".

Prima di andarcene, ribecchiamo anche i ragazzi con la maglietta di Pulp Fiction. Se ne stanno appoggiati alle transenne, un po’ delusi. Tarantino, loro non lo hanno toccato, non sono riusciti a parlarci, non sono riusciti nemmeno fargli una foto. Il massimo che hanno rimediato è un autografo di Elisabetta Sgarbi. Provano a vedere il bicchiere mezzo pieno: "Sarà un ricordo della giornata" e mostrano lo scarabocchio. L’editrice, come avrebbe fatto un’autentica cantante rock, si è firmata "Betty Wrong".

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