Foto di Chris Pizzello, via LaPresse 

sul piccolo schermo

La seconda vita di Jennifer Coolidge tra The white lotus e The Watcher

Claudia Casiraghi

Sottovalutata da Hollywood, l'attrice di American Pie credeva che la sua carriera fosse finita. Invece è stata in grado di intepretare un ruolo drammatico che rivedremo sugli schermi con la seconda stagione della serie di Sky. I nuovi progetti con Netflix e gli stereotipi da superare

Jennifer Coolidge è stata la prima milf nella storia. Era il 1999 quando in American Pie, interpretando la mamma di Stifler, suadente, strizzava gli occhi – in quel modo caratteristico che tante volte, in futuro, avrebbe reiterato – ai ragazzini, compagni di suo figlio. Era bionda, procace, stretta in abitini minuscoli. Era una dea, come recitavano in coro gli adolescenti del film: la madre che tutti, in quel liceo, avrebbero voluto farsi. Era una milf. E tale è rimasta, per un tempo che ha rischiato d’essere infinito. Jennifer Coolidge, parte procace dell’immaginario collettivo, è la prova empirica di come spesso l’abito il monaco lo faccia eccome. Perché dopo American Pie, dopo Campioni di razza, La rivincita delle bionde e 2 Broke Girls, nessuno più ha guardato oltre l’apparenza.

 

Con le sue forme generose e le labbra turgide, magistralmente protese in avanti, con le onde chiare e gli occhi da gatta, è stata costretta a essere solo quello che Paul Finch e compagni urlavano a gran voce: una milf, una nave-scuola. Al più, una smandrappona pronta a svendersi per un “ti amo”. Credeva che sarebbe finita così, a invecchiare e sfiorire, con gli ingaggi ridursi fino a esaurirsi. “Per qualche anno nella mia vita non è successo molto. Ho attraversato un tempo morto”, ha ammesso poi. “Credo di aver passato dieci anni a fare provini, constatando come nessuno di questi si sia mai trasformato in un lavoro”, ha ribadito a Variety, cui una telefonata – forse propiziata dall’imitazione che di lei ha fatto Ariana Grande – ha cambiato la vita, regalandogliene una nuova.

 

“Mi sono sentita come se un allenatore avesse detto agli altri attori di lasciarmi la palla: 'Passate la palla a Jennifer per una volta'. Ora, avrei dovuto segnare”. Jennifer Coolidge lo ha raccontato così, con una metafora presa a prestito dal calcio, il proprio esordio sul set di The white lotus. Non sarebbe stata protagonista, e lo sapeva. Ma in quella serie corale, dove un resort di lusso è il microcosmo in cui portare alla luce vizi e virtù degli americani ricchi, avrebbe potuto fare la differenza. E, alla fine del primo capitolo, con il secondo pronto a debuttare su Sky il 7 novembre prossimo, si può dire che ce l’abbia fatta. Perché The white lotus è tante cose. Soprattutto, però, è la dimostrazione di quanto Hollywood – nel caso in cui si renda necessario trovare un capro espiatorio, e farlo pure grosso – abbia sottovalutato la Coolidge.

 

Tanya McQuoid, l’ereditiera ricca e frignona, bambina racchiusa in un corpo da cougar, è la maschera più riuscita che l’attrice abbia mai indossato. Di primo acchito, non sembrerebbe discostarsi molto dallo stereotipo di panterona cui la Coolidge è stata costretta. Ma le puntate scorrono e la telecamera indugia su quella donna dalla lacrima facile. È un’interpretazione struggente, premiata con l’Emmy: il primo della sua carriera. Tanya McQuoid nasconde dietro i propri sorrisi il trauma immenso di un’infanzia negata e fagocitata dall'assenza della madre, che diventa a suo modo figura ingombrante. Non ha famiglia, non più. Non ha saputo trovare un equilibrio in amore. Non ha messo al mondo dei figli. È sola, ricca, assediata da individui che sulla sua fragilità vorrebbero costruire la propria fortuna.

 

Tanya McQuoid, confermata anche nella seconda stagione dello show, interamente ambientata a Taormina, è fonte di una tristezza esistenziale. È straziante guardarla, e Jennifer Coolidge è maestra nel rendere la visione grottesca. Stressa il suo manierismo da milf e dimostra come oltre non ci sia altro che sofferenza e bisogno. Il suo, di donna pronta a tutto pur di essere amata, e il nostro, di spettatori certi che la dimensione drammatica possa stare alla Coolidge meglio di quella comica: una certezza, questa, che The Watcher, nuova serie Netflix diretta da Ryan Murphy, online dal 13 ottobre, dovrebbe avvalorare.

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