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È morto Ivan Reitman, il papà dei “Ghostbusters”

Mariarosa Mancuso

Lascia in eredità personaggi di culto. Portò al cinema la banda del “Saturday Night Live”, mai superata officina di talenti comici

"Mai incrociare i flussi". Non pensare alla pubblicità dei marshmallow, un omino della Michelin vestito da marinaio: le antiche divinità sumere hanno il senso dell’umorismo, e ti chiedono “di che morte vuoi morire?” (è un attimo ritrovare il pupazzo in formato gigante tra i grattacieli di New York). Non credere alla violoncellista Sigourney Weaver, che prima fa la fredda e poi apre la porta vestita con veli da odalisca. Non credere neanche ai princìpi morali dell’acchiappafantasmi Bill Murray: “Mai possedere le possedute”. Va bonificato anche il frigorifero casalingo, le uova si rompono da sole.

  

E’ un peccato che la generazione dei suscettibili abbia sentito parlare dei Ghostbusters soltanto per lo sciagurato remake con le signore al generatore di flussi protonici, e un maschio idiota dove prima c’era una segretaria sciocca (o finta sciocca? dopo aver visto i film con Marilyn Monroe non si può essere sicuri di niente). Funziona meglio la versione under 21, “Ghostbusters-Legacy”: i nipoti riscoprono in soffitta strani aggeggi e una vecchia auto con la targata “Ecto 1”. Questo lo ha girato Jason Reitman, figlio di Ivan Reitman che da ieri caccia fantasmi in paradiso. O magari organizza feste con gli ospiti avvolti nei lenzuoli, al grido di “Toga Toga!”, con il suo amico John Belushi. Personaggi di culto che si possano lasciare in eredità a un figlio regista non ne esistono tanti.

  

I Ghostbusters hanno segnato gli anni 80, anche al botteghino (i critici allora erano tiepidi, sulla comicità hanno i riflessi lenti). Le parodie non si contano, come le recite scolastiche e i balli mascherati. Personaggi originali e in controtendenza, di solito la commedia non va d’accordo con gli effetti speciali. E ridiamo di chi ai fantasmi non crede, come la famiglia americana nel Fantasma di Canterville di Oscar Wilde: ogni mattina cancellano la macchia di sangue dal pavimento, e mettono olio nell’armatura che si aggira di notte senza nessuno dentro. Qui, sono studiosi che mettono su una ditta di “pulizie paranormali”. 

  

Ivan Reitman aveva portato al cinema la banda del “Saturday Night Live”, mai superata officina di talenti comici. In testa a tutti Bill Murray con la sua faccia da ragazzino. Alla sceneggiatura di Ghostbusters avevano lavorato Dan Aykroyd e Harold Ramis, campioni di una lunga stagione di comicità. Il primo reduce dai Blues Brothers di John Landis (regista e attore ancora allietano le feste natalizie con la riproposta di Una poltrona per due). John Belushi era morto di overdose, ma un altro film di culto lo aveva già girato, con Ivan Reitman in veste di produttore (che poi si pentì di aver ceduto la regia a John Landis, sempre lui). Animal House, ovvero la peggior confraternita studentesca mai vista al cinema. Harold Ramis dirigerà “Il giorno della marmotta”, e (in contemporanea con la prima stagione dei Soprano) Terapia e pallottole, con il mafioso che minaccia l’analista: “Io frocio tu morto”. 

  

 

 Ivan Reitman era nato in Cecoslovacchia, quando ancora esisteva. La madre era sopravvissuta ad Auschwitz, il padre aveva la più grande fabbrica d’aceto del paese. Arrivarono a Toronto senza soldi e senza sapere la lingua. Cominciò a produrre i primi film di Cronenberg e negli stessi anni fece amicizia con Dan Aykroyd, canadese pure lui. Riuscì – quando si dice il talento – a vedere una vena comica in Arnold Schwarzenegger. Lo mandò all’asilo, come poliziotto infiltrato. E lo accoppiò a Danny DeVito nel film Gemelli. Mister Muscolo, ma buono come il pane, e il piccoletto, ma furbissimo truffatore, Danny DeVito. Oggi, sarebbe body shaming solo a raccontarlo.

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