Ansa
Cuochi italiani a Londra
Il bizzarro summit tra Carlo d'Inghilterra e un salumaio padano
Il reale inglese aveva ricevuto in dono un culatello di Massimo Spigaroli e ne era rimasto così estasiato che voleva conoscerlo. Il figlio della Regina gli offre di lavorare per lui, a Highgrove. Ma l’italiano risponde picche. “Sei la prima persona che mi dice di no”
È una nebbiosa sera del 2008 a Polesine, la zona più remota della provincia di Pavia lungo la riva meridionale del Po che divide Emilia e Lombardia. La nebbia non è una notizia, nella Bassa padana. Anzi, è proprio grazie a tutto quell’umido che nell’antichità inventarono il modo di conservare il maiale trasformandolo in gustosi salumi. La notizia è che il mondo della finanza sta per collassare: la banca Lehman Brothers è saltata, Wall Street affonda, tutti temono l’apocalisse; ma tra i contadini della Bassa la crisi del 2008 è un’eco lontana di un mondo distante anni luce. In una delle aziende agricole della zona, squilla il telefono, che ancora è quello fisso con la cornetta: risponde Massimo Spigaroli e dall’altro capo della linea c’è l’ambasciata britannica in Italia, da Roma. Cosa mai potrebbero volere i diplomatici inglesi da una piccola e sperduta azienda agricola sulle rive del Po?
L’ufficiale diplomatico invita Massimo a Londra: c’è un importante personaggio inglese che vorrebbe incontrarlo. E’ disposto a pagare il viaggio e l’ospitalità, ma la sua identità rimane misteriosa. “Quando chiesi chi fosse, mi dissero che non potevano rivelare l’identità”, ricorda Spigaroli nella saletta privata del Gattopardo, uno dei ristoranti italiani oggi più in voga a Londra, nel cuore di Mayfair a due passi dal Brown’s Hotel di un altro italiano, Sir Rocco Forte. Spigaroli, quarta generazione di una famiglia che a metà dell’800 gestiva il podere del Maestro Giuseppe Verdi a Busseto, rifiuta il curioso invito, ma qualche tempo dopo l’ambasciata britannica chiama ancora: gli dicono che in linea c’è il principe Carlo. Stavolta la chiamata non si può declinare, e Spigaroli rimane di stucco: “Il mio bisnonno Carlo era il norcino di Verdi, ma nonostante la fama locale, siamo sempre rimasti degli agricoltori, in un piccolo paesino dove produciamo i nostri salumi. Essere chiamato a casa dal principe del Galles, e futuro re, era qualcosa d’impensabile”. Carlo aveva ricevuto in dono un culatello di Spigaroli e ne era rimasto così estasiato che voleva conoscerlo per sapere come avesse fatto a ricavare una tale prelibatezza da un maiale. Così Massimo prepara la valigia e vola a Londra: riceve mille istruzioni per incontrare Carlo nella sua casa di campagna di Highgrove: d’altronde un reale inglese, dallo stringergli la mano al modo di parlargli, ha un protocollo complicato. Lo avvisano che avrebbe parlato con il principe solo per cinque minuti.
E invece i minuti diventano molti di più tra come allevare maiali e potare le siepi: un giornalista del New York Times che era lì presente ha commentato che sembravano due contadini che parlavano dei loro campi. La passione del Re per il mondo dell’agricoltura risaliva a decenni prima: nel 1990 l’allora principe fu il primo a lanciare su larga scala prodotti da agricoltura biologica, quando il termine era ancora sconosciuto, con il marchio Duchy Organic, verdure e animali che arrivano dalla tenuta del Ducato di Cornovaglia (oggi passata al figlio William che è diventato il nuovo principe di Galles). Quel bizzarro summit tra Carlo d’Inghilterra e un salumaio padano culminò in modo ancor più inusuale: il figlio della Regina offre a Massimo di andare a lavorare per lui, a Highgrove. Ma l’italiano risponde picche, causando la reazione stizzita di Carlo: “Sei la prima persona che mi dice di no”. “Spiegai al futuro sovrano che il segreto della nostra fattoria è anche l’ambiente, il clima e la cultura. In Inghilterra non sarei stato in grado di riprodurre lo stesso culatello”. La spiegazione deve aver convinto Carlo che, negli anni successivi, in gran segreto, si è scambiato con Spigaroli maiali e prodotti. Il legame agricolo è rimasto così forte che quando Carlo, nel frattempo salito sul trono della Gran Bretagna, è andato a Ravenna, ha voluto rivederlo, mentre era con il presidente Sergio Mattarella e Carlo Petrini di Slow Food.
E sempre nel frattempo, anche Massimo ha fatto un salto, da contadino a ristoratore-imprenditore: nel 2010 ha aperto la Antica Corte Pallavicina che in 15 anni di vita ha ottenuto la stella Michelin per 14 anni. Pochi mesi prima del primo viaggio da Re in Italia, sempre nella villa-fattoria-tenuta di campagna del famoso “no” del re del culatello, Carlo aveva chiamato a cucinare un altro italiano alfiere del cibo buono e sano: la superstar dei fornelli Francesco Mazzei, il calabrese divenuto famoso a Londra con il ristorante Sartoria. Anche in questo caso, la scelta era caduta su un cuoco dai precisi principi culinari: a Mazzeri era stato chiesto di preparare un banchetto in onore dell’Italia con ingredienti tutti rigorosamente a chilometro zero. Il calabrese che ha fatto scoprire a Londra la sconosciuta ‘nduja a breve aprirà un suo nuovo ristorante, dentro all’Hotel Corinthia a Embankment: sarà impostato su una filosofia di cucina salutare e sostenibile, “piatti che si possono mangiare tutti i giorni”. Spigaroli e Mazzei sono artigiani della cucina, attaccati al loro Piccolo Mondo Antico, ma dove un sovrano come Re Carlo è il regnante perfetto e loro i “sudditi” ideali.
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