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La crisi del mercato della carne in Italia (e come ripartire)

Luciana Rota

L’offerta nazionale, già in contrazione nel 2019 (-3,6 per cento), nei primi sei mesi del 2020 ha segnato un -13,6 per cento. Ma una via d'uscita c'è

Sono armati fino ai…coltelli. E non per fare la guerra e neanche per sport. Per i consumi, consapevoli e persino scientifici, della carne. Quella buona, di qualità, sostenibile. Sono i protagonisti di una filiera, quella della macelleria italiana, che si sfidano in un campionato, ma non solo. Che sfidano un mercato che genera in Italia un valore economico di circa 30 miliardi di euro anno. Che sfidano pregiudizi e tendenze. Covid compreso, che li ha messi in croce ma adesso si partecipa alla ripresa.

È un mondo di valore e di entusiasmi, quello che si riunisce a Modena, per iMeat, l’appuntamento con l’innovazione del comparto carne, che domenica 12 settembre manda in scena la finalissima del Campionato italiano giovani macellai promosso da Federcarni.

 

“La filiera della macelleria italiana è pronta a ripartire”, dice Maurizio Arosio, presidente di Federcarni, un concreto combattente pure lui: armato di idee verso un nuovo modo di intendere il settore, che vuole che si dimentichi la vecchia macelleria, se sapremo trasformare i punti di vendita in luoghi di eccellenze italiane, negozi gestiti da competenti esperti della filiera. Meglio se giovani e con idee aperte”. È lui che si è inventato la sfida dei giovani macellai, un campionato itinerante che crea competenza e punta su una formazione anche “agonistica”, ma soprattutto porta in primo piano una sfida che ha un futuro professionale mirato a rispettare le esigenze di un settore che vuole nuovi consumi consapevoli e dove la salute sia al centro.

Il rapporto Ismea 2020, citato da un’inchiesta approfondita di Federcarni, indica che la filiera della carne, dagli allevamenti ai consumi, ha sofferto parecchio. L’offerta nazionale, già in contrazione nel 2019 (-3,6 per cento), nei primi sei mesi del 2020 ha segnato un -13,6 per cento. Sulla stessa linea i dati forniti dall’Istat che ci dice come la riduzione della produzione nazionale di carne del 13,6 per cento, si traduca in oltre 48 mila tonnellate di carne nazionale in meno prodotta. A questo dato negativo si sommano le grosse perdite in termini di valore unitario che si stanno registrando negli allevamenti e nei macelli (sempre riferiti ai primi sei mesi del 2020). In pratica, la filiera bovina nel 2020 ha registrato perdite di valore a doppia cifra.

Dopo la tendenza vegetariana ecco il Covid, insomma, una sfida dopo l’altra: troppe per il mondo della carne. Maurizio Arosio ha però le idee chiare: “I vegetariani non pesano. Sono uno zero nel conto in rosso. Pesa, invece, in senso positivo, la richiesta di carne proveniente da produzioni certificate, pesa il benessere dell’animale, pesa la nuova rotta verso la sostenibilità della filiera e la qualità del made in Italy. La salute, anche”.

 

Mettendo la carne sulla bilancia dell’alimentazione italiana, fra i consigli ufficiali, stilati dal coordinatore scientifico di Federcarni, Mary Mattiaccio, si apprende che sono 500 i grammi di carne fra rossa e bianca che un adulto dovrebbe consumare alla settimana.

Quello che conta è la provenienza e la qualità, come sottolinea Maurizio Arosio, convinto che stiamo vivendo proprio la fase del cambiamento: “Alla base di questa situazione negativa economica del comparto ci sono tanti elementi che sommati alle difficoltà legate alla pandemia hanno davvero segnato un’epoca. Dall’incertezza della domanda, alla pressione esercitata dalla concorrenza delle carni estere, alla sempre più incerta redditività: il nostro è un mondo che si sta inventando quasi da zero”.

Il report economico citato da Federcarni ci dice che la riduzione delle attività di macellazione in Italia (-13,6 per cento) ha riguardato tutte le categorie, ma a perdere soprattutto sono state le vacche, (-24%), che insieme ai vitelli, hanno pagato, nel periodo di limitazione, la mancanza di vendite nella ristorazione (settore Ho.Re.Ca.) e sul mercato estero, scatenando ora più che mai una forte pressione esercitata dalla concorrenza. I vitelloni maschi, 43 per cento dell’offerta, hanno segnato -7,6 per cento  rispetto alle altre categorie, tuttavia i dati dell’Anagrafe Bovina (BDN) a giugno 2020 hanno fatto segnare una presenza nelle stalle di 13.000 vitelloni in più rispetto a giugno 2019.

A fine 2020, tuttavia, sul fronte della domanda si evidenzia un buon andamento dei consumi domestici, mentre la componente extradomestica appare ancora estremamente debole e l’incremento dei consumi domestici non è sufficiente a colmarne il vuoto.

In casa a fare da padrona dei consumi è la Scottona, che traina gli acquisti domestici nel reparto carni di bovino adulto (circa il 60% dell’offerta): qui gli acquisti in volume sono cresciuti del 5,7 per cento, con un aumento del prezzo medio che ha portato la spesa a +7,7 percento.

Grazie alla Scottona i prezzi medi al dettaglio continuano a salire (+8,2 per cento). Il prodotto che invece soffre di più è la carne di vitello. I vitelli a carne bianca sono stati fra i primi a sentire il morso della crisi innescata dall'emergenza sanitaria.

Maurizio Arosio, nonostante il grande momento di difficoltà sanitaria e di incertezza economica che attanaglia il Paese, vede il bicchiere mezzo pieno: “Gli associati (che sono 24mila, ndr)  hanno già ingranato la marcia della ripresa. E in questi giorni stiamo proprio lanciando molte novità”.

Fra le buone notizie anche quella “squisitamente” proposta dall'Accademia della fiorentina di Firenze, presieduta dal decano dei macellai italiani, Vasco Tacconi: “Abbiamo intrapreso l'iter per chiedere a Unesco di inserire la fiorentina nell'elenco dei beni immateriali dell'umanità. Un passo importante anche culturale – dice – Questo è uno dei passi fatti per promuovere un mondo di valore”.

Tecniche moderne di allevamento, selezione genetica e alimentazione controllata sono al centro della Academy ideata dallo stesso Tacconi: “Il consumo di carne è un privilegio da coltivare e va sostenuto con un intenso lavoro di aggiornamento e di acquisizione di competenze e professionalità da parte dei macellai, attraverso frequenti corsi di formazione, relativi alla cultura delle carni e alla tradizione gastronomica della cucina italiana”.

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