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Quando la paura assunse la forma di una bistecca

Giovanni Battistuzzi

L'epidemia di mucca pazza, le decisioni di allora per arginarla e placare il timore degli italiani e l'utilità dell'anagrafe bovina, introdotta il 19 dicembre di vent'anni fa, che ha migliorato la qualità della nostra carne

Nel 2010 Gualtiero Marchesi davanti a una costata di manzo disse che la paura ci aveva fatto bene e che la qualità della carne era migliorata negli ultimi dieci anni. Osservando le venature di grasso, le nervature, annusandone il sapore e, forse, guardando il volto non proprio entusiasta dei produttori di carne che aveva davanti corresse parzialmente il tiro. Aggiunse: “Non che la nostra carne fosse stata mai scadente. Ma oggi trovo una qualità più alta”.

 

Dieci anni prima, vent’anni fa oggi, la paura della cosiddetta mucca pazza invadeva l’Italia sotto forma di decreto del presidente della Repubblica. Il 17 novembre del 2000 venivano chiuse le frontiere per le carni provenienti dalla Francia, il 19 veniva introdotto il Regolamento recante modalità per la identificazione e la registrazione dei bovini, quello che veniva in gergo chiamato come “anagrafe bovina”.

 

La paura allora aveva preso la forma della bistecca. Dal Regno Unito e dalla Francia arrivavano le immagini di mucche incapaci a stare in piedi, affette da una malattia neurologica degenerativa. E con loro le notizie che in certi casi, anche gli uomini, assieme ai bovini, potevano ammalarsi.

 

Le indagini sanitarie riscontrarono che la malattia era causata dalle farine animali prodotte attraverso l’incenerimento di carcasse e scarti di macellazione di altri animali, tra cui anche mucche. Una pratica utilizzata negli allevamenti intensivi britannici, diffusa a macchia di leopardo anche in altri paesi europei, ma, a eccezione di rarissimi casi, non praticata in Italia.

 

In Italia furono riscontrati 145 casi su oltre sette milioni di animali controllati. L’allarme mondiale e la fobia di molti italiani però fece scegliere al ministro della Salute Umberto Veronesi, nel marzo 2001, di vietare la vendita delle parti del bovino che interessano la colonna vertebrale e i gangli, il cervello e le frattaglie.

 

"Per noi è come portarci via l'Inferno di Dante o la Cupola del Brunelleschi", disse il macellaio di Panzano in Chianti Dario Cecchini celebrando il funerale della Fiorentina, che con la firma del ministro Veronesi era diventata illegale.

 

Nei giorni precedenti, quando la notizia era filtrata come indiscrezione, in molti affollarono le macellerie cercando di accaparrarsi l’accaparrabile. Miti e leggende vogliono che Gabriel Omar Batistuta, centravanti all’epoca alla Roma, ma che fino a un anno prima aveva vestito la maglia della Fiorentina, fosse uscito da una macelleria alle porte di Firenze con quasi un quintale di Fiorentine. Non ci fu conferma e il calciatore si limitò a una risata e a un “non è vero niente” un po’ ridanciano.

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