
La fronda anglicana che minaccia lo scisma
Mentre re Carlo arriva in Vaticano, la parte più conservatrice della Comunione anglicana sconfessa l'arcivescova di Canterbury. Il punto del contendere: l'apertura alle coppie gay
La rivolta è partita dalle Chiese anglicane di Africa, Asia e America latina. Capofila del dissenso è il vescovo ruandese Laurent Mbanda, leader del Global Fellowship of Confessing Anglicans (Gafcon), che riunirebbe più della metà dei fedeli anglicani in tutto il mondo
Non ci sarà l’arcivescovo di Canterbury, giovedì prossimo in Cappella Sistina, ad accompagnare re Carlo che lì pregherà insieme al Papa, per la prima volta dallo Scisma del Sedicesimo secolo. Non ci sarà perché la vescova Sarah Mullally, da poco eletta, entrerà in carica solo nel 2026. Intanto, però, una fazione molto potente della comunione anglicana paventa lo scisma dopo la sua elezione. A farsi avanti è stato il vescovo ruandese Laurent Mbanda, leader del Global Fellowship of Confessing Anglicans (Gafcon), un gruppo di Chiese anglicane presenti soprattutto in Africa, Asia e America latina, di forte tendenza conservatrice. Mbanda ha invitato le Chiese riunite nel Gafcon a rompere una volta per tutte i legami con la Chiesa d’Inghilterra, a rifiutare l’arcivescovo di Canterbury come loro guida spirituale e a non partecipare agli incontri che da lei saranno convocati. Non sono concilianti i toni usati dal vescovo ruandese: “Non abbiamo lasciato la Comunione anglicana, noi siamo la Comunione anglicana”. In effetti, numericamente parlando è un problema non di poco conto, considerato che – a seconda delle stime variabili – le Chiese anglicane del cosiddetto “sud del mondo” rappresentano la netta maggioranza di fedeli e di praticanti.
Gafcon sostiene di rappresentare l’85 per cento degli anglicani in tutto il mondo, mentre studi indipendenti si fermano al 45 per cento di praticanti e al 54 per cento di tutti gli anglicani. Numeri in ogni caso molto alti. Anche perché quello africano e asiatico è un anglicanesimo assai praticato e non meramente “culturale” come quello da tempo in crisi in Inghilterra. Qui, solo qualche mese fa il Times avvertiva che i cattolici stavano per prendere il sopravvento numerico, cosa mai accaduta in cinquecento anni. Merito non solo degli immigrati (anche perché la migrazione è per lo più islamica, nel Regno Unito), ma di un impegno forte tra gli under 25. A essere contestata dai vescovi “scissionisti” non è tanto l’elezione di una donna, quanto la posizione della Chiesa d’Inghilterra relativa alla benedizione delle coppie omosessuali, autorizzata due anni fa. Benché l’insegnamento ufficiale affermi che il matrimonio è solo quello tra uomo e donna, la Chiesa d’Inghilterra ha dato il via libera a particolari celebrazioni che prevedono anche lo scambio di anelli, preghiere e la benedizione del sacerdote. Una decisione che ha diviso anche il pur “aperto” anglicanesimo londinese, tant’è che anche membri del Sinodo generale chiedevano un passo ulteriore, e cioè l’approvazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Un percorso inaccettabile per le Chiese conservatrici del Gafcon, che ora vorrebbero nominare un proprio “capo”. L’arcivescovo di Canterbury, infatti, detiene solo un primato onorifico senza poteri reali sulle Chiese anglicane all’estero. Tra la protesta formale e la rottura dei legami, però, non vi è unanimità di vedute: Mbanda infatti è l’unico che per ora si è schierato apertamente per disconoscere la vescova Mullally. Altri presuli, pur condividendo l’opposizione alle aperture in tema di morale sessuale, non arrivano a tanto. Più che un’opposizione alla neoletta, infatti, lo scontro è tra visioni opposte: se la Chiesa in Galles ha di recente eletto come proprio arcivescovo una donna omosessuale e la Chiesa anglicana statunitense consente la celebrazione dei matrimoni tra omosessuali, le Chiese cui ha dato voce il vescovo ruandese reputano tutto ciò un’eresia.
E’ in questo scenario che giovedì prossimo i reali britannici saranno ricevuti dal Papa. Incontro bilaterale e poi preghiera ecumenica per la cura del Creato in Cappella Sistina. Successivamente, l’incontro con le realtà impegnate nella cura della casa comune. Appuntamento invece nella basilica di San Paolo fuori le mura nel pomeriggio, dove Carlo III sarà insignito del titolo di Royal Confrater. Per l’occasione, è stato anche creato uno scranno con lo stemma del sovrano, che resterà nell’abside della basilica.