vescova al comando

Sarah Mullally è la nuova arcivescova di Canterbury

Matteo Matzuzzi

La sessantatreenne già caposala ospedaliera e successivamente vescova di Londra è ora a capo della Chiesa d'Inghilterra. Oltre a creare problemi all’interno della Comunione anglicana, la scelta avrà conseguenze anche al tavolo del dialogo con Roma, dove la questione dell’ordinazione femminile ciclicamente riemerge

Roma. La signora Sarah Mullally, sessantatreenne già caposala ospedaliera e successivamente vescova di Londra, è la nuova arcivescova di Canterbury, massima autorità della Chiesa d’Inghilterra. E’ la prima donna a ricoprire tale carica e si tratta di una scelta molto delicata sul fronte interno. Se infatti la Chiesa d’Inghilterra è da tempo schierata su posizioni marcatamente progressiste – dall’aborto all’inclusione lgbtqi+ –, le Chiese in comunione africane e asiatiche sono, all’opposto, estremamente conservatrici e più volte, negli anni scorsi, hanno minacciato lo scisma. Nel 2008, quando s’avvicinava il momento di dare il via libera all’ordinazione episcopale delle donne, le Chiese d’Africa lanciarono un messaggio chiaro:  dopo aver sottolineato di rappresentare “oltre 35 milioni di praticanti anglicani in tutto il mondo”, si faceva sapere all’allora primate Rowan Williams (di certo non un campione di progressismo) che gli era riconosciuto sì “un ruolo storico”, ma non il potere di decidere sulle questioni di fondo: “Noi non accettiamo che l’identità anglicana sia necessariamente determinata attraverso il riconoscimento da parte dell’arcivescovo di Canterbury”. Nel 2012 l’ordinazione episcopale delle donne fu bocciata e solo due anni dopo ottenne i voti necessari per segnare la svolta.

 

Oltre a creare problemi all’interno della Comunione anglicana, la scelta della signora Mullally avrà conseguenze anche al tavolo del dialogo con Roma, dove la questione dell’ordinazione femminile ciclicamente riemerge nonostante il no “definitivo” di Giovanni Paolo II, ribadito peraltro da tutti i suoi successori. E le questioni relative al  sacramento dell’ordine rappresentano da sempre gli ostacoli più delicati sul terreno del dialogo ecumenico. La vescova Mullally si troverà peraltro a guidare una Chiesa in profonda crisi di vocazioni e di  fedeli: solo pochi mesi fa la Bible Society rilevava il sorpasso ormai imminente dei cattolici sugli anglicani, per la prima volta nella storia. Una svolta epocale che fu rilanciata con enfasi perfino dal Times. Se nel 2018 il 41 per cento di quanti frequentavano le chiese una volta al mese si definiva anglicano e solo il 23 per cento cattolico, nel 2024 il quadro era ben diverso: il 34 per cento era anglicano e il 31 per cento cattolico. E il boom di conversioni riguardava – come in tante altre realtà europee, a cominciare dalla Francia – la fascia di popolazione al di sotto dei venticinque anni d’età, smentendo così anche il cliché che vorrebbe i giovani del tutto disinteressati al fatto religioso.