(foto LaPresse) 

Se il problema delle Chiese è dire che Dio non è un maschio

La Chiesa anglicana ne discuterà in primavera, in Germania si voleva mettere l'asterisco dopo Dio. Guarda un po', dove la crisi è più profonda

Matteo Matzuzzi

La Chiesa d’Inghilterra da decenni è impegnata in riforme e rivoluzioni, Tutto, come sempre, per rispondere ai tempi mutati e corrispondere alle attese della società in rapido mutamento ed evoluzione. Il risultato di questo aggiornamento continuo è che, di fatto, la Chiesa d’Inghilterra è avviata all’estinzione

Adesso anche Dio potrebbe finire sotto la mannaia della neutralità di genere, titolava beffardo il Daily Mail l’altro giorno, raccontando il dibattito – serio e approfondito – che sta coinvolgendo in questi mesi la Chiesa d’Inghilterra: Dio non è né maschio né femmina, quindi è sbagliato che la liturgia si riferisca a tale entità come fosse un uomo. Dio Padre, insomma, non si può più sentire. E’ ingiusto e, va da sé, antiquato. Gli anglicani studiano da anni come fare per “correggere” l’errore, ma finora hanno sempre dovuto ammettere che la questione è complicata. Così, avviato un progetto “sul linguaggio di genere”, a primavera si tireranno le somme. Sacre scritture alla mano e tanta politica. Diarmaid MacCulloch, emerito di Storia della Chiesa a Oxford, non si sconvolge più di tanto: “Assegnare un genere a Dio è sempre stata una questione di metafora, poiché siamo incapaci di dire qualcosa che incapsula efficacemente la divinità nel linguaggio umano e dunque è naturale esplorare ulteriormente come potremmo parlare di Dio nella liturgia, considerati i grandi cambiamenti nella comprensione del genere e della sessualità che stanno progredendo nella società”. L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, non si è espresso, anche se certe sue dichiarazioni in passato facciano propendere per un giudizio positivo circa il dibattito in corso.

 

La Chiesa d’Inghilterra da decenni è impegnata in riforme e rivoluzioni, dall’ordinazione di sacerdoti donna fino all’avvento delle signore vescove. Tutto, come sempre, per rispondere ai tempi mutati e corrispondere alle attese della società in rapido mutamento ed evoluzione. Il risultato di questo aggiornamento continuo è che, di fatto, la Chiesa d’Inghilterra è avviata all’estinzione. Se per la prima volta nella storia i cristiani sono meno del 50 per cento della popolazione complessiva (dati ufficiali dell’ultimo censimento, che li stima al 46,2 per cento contro il 59 del 2011), gli anglicani sono ancora meno. Secondo le proiezioni, nel 2050 la partecipazione alle celebrazioni domenicali sarà sotto le 90 mila persone. Negli ultimi due anni il calo è stato del 28 per cento fra gli adulti e del 38 fra i più giovani. Le chiese chiudono ovunque, nelle zone rurali antiche cappelle aprono ormai solo a Pasqua e Natale. 

 

Al contrario, chi aumenta il numero dei propri fedeli, soprattutto nelle grandi città, sono i pentecostali, grazie all’immigrazione dall’Asia e dall’Africa. Ma non è, il dibattito sul Dio con l’asterisco, una peculiarità della Chiesa d’Inghilterra. Già un anno e mezzo fa dalla Germania si fece avanti chi proponeva di archiviare per sempre l’epoca del Dio anziano con la barba lunga. Il tutto supportato da fini ragionamenti teologici, ma che ineluttabilmente finivano con la constatazione che il mondo di oggi non può permettersi più di identificare il Creatore di tutte le cose con il “Padre”. Il vescovo ausiliare di Osnabrück, mons. Johannes Wübbe, si rallegrava per la proposta di rivedere certi canoni che parevano immutabili: “Rivolgersi a Dio chiamandolo Padre aveva lo scopo di aiutare a descrivere l’essenza di Dio. Non si intendeva designare il sesso di Dio”. La richiesta di posporre l’asterisco a Dio era della Katholische junge Gemeinde, un’importante organizzazione tedesca che raggruppa migliaia di giovani tedeschi, stanchi dell’immagine “del Dio maschio che punisce”. Meglio, dicevano, credere e pregare un “Dio della diversità”. La proposta era risultata dirompente anche per i vertici della locale Conferenza episcopale, già impelagata nel Cammino sinodale reso sempre più problematico dalle prese di posizione pubbliche del Papa, che poche settimane fa hanno determinato anche la dura presa di posizione del presidente Georg Bätzing, critico sulle parole di Francesco circa il Sinodo che così concepito “non è utile”. “Credo sia discutibile governare la Chiesa attraverso le interviste”, aveva detto.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.