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“Basta con la polarizzazione”. Ecco la linea-guida del pontificato di Leone XIV

Dai tradizionalisti agli lgbtqi, dalla Cina all'America, nella sua prima intervista il Papa ripete più volte di volere studiare, dialogare e approfondire. Niente diktat immediati

Matteo Matzuzzi

Leone XIV è oltre il tema, fin troppo abusato, della continuità/discontinuità. Davanti a sé ha (in teoria, s’intende) un pontificato lungo, ben più dei “quattro anni” ipotizzati da Francesco. Il tempo è dalla sua parte. La fretta, è ormai acclarato, non fa parte del suo stile

Roma. “Per ora, sto cercando di non continuare a polarizzare o a promuovere la polarizzazione nella Chiesa”. E’ questo il succo delle 288 pagine di León XIV. Ciudadano del mundo, misionero del siglo XXI, il libro-intervista della giornalista Elise Ann Allen al Papa. Ogni risposta data da Robert Prevost sui più svariati temi ricasca sempre nella massima prioritaria: unire una Chiesa evidentemente polarizzata, se non divisa. E’ in quest’ottica che vanno lette le sue parole, sia quando parla di accoglienza dei cattolici lgbtqi+ sia quando esprime il suo parere sul mondo tradizionalista che chiede l’annullamento del motu proprio Traditionis custodes di Francesco. Leone XIV non è uomo dalle risposte tranchant, sa che tra il bianco e il nero c’è il grigio. Sui temi fondamentali ribadisce la dottrina di sempre. “Trovo altamente improbabile, almeno nel prossimo futuro, che la dottrina della Chiesa in materia di sessualità o matrimonio cambi. Ho già parlato del matrimonio, come fece anche Papa Francesco, della famiglia come un uomo e una donna in un impegno solenne, benedetto nel sacramento del matrimonio. Ma anche solo dire questo, capisco che alcune persone lo recepiranno male”. Sostiene  di non gradire certi esperimenti nordeuropei circa benedizioni di gruppo di coppie omosessuali in quanto si scontrerebbero con Fiducia supplicans “e con ciò che la Chiesa insegna”. Al contempo, ribadisce il todos, todos, todos caro al predecessore, ma “l’insegnamento della Chiesa continuerà così com’è”. Anche sulle donne, aperture certamente ma sul diaconato femminile niente da fare: “Per il momento non ho intenzione di cambiare l’insegnamento della Chiesa sull’argomento”. Anche sulla messa in vetus ordo, la preoccupazione principale del Papa è smussare gli angoli acuti che impediscono un confronto sereno: parla di una situazione che si è incancrenita al punto da divenire “ideologica” e riconosce che non di rado la questione anzi, “il problema”, è stato usato per altri fini. Non ha soluzioni pronte: prima vuole studiare e soprattutto sedersi attorno a un tavolo per cercare una soluzione.

 

Niente ricette preconfezionate né diktat calati dall’alto. Anche sulla Cina, pur dicendo di voler proseguire sulla strada indicata dai predecessori, vuole approfondire come stanno le cose parlando anche con quei cattolici che “per molti anni, hanno vissuto una sorta di oppressione o difficoltà nel vivere liberamente la loro fede senza schierarsi”. Condanna poi quanto avviene a Gaza (l’intervista è stata effettuata  a luglio, quindi non è aggiornata agli ultimi sviluppi), ma sull’uso del termine genocidio è assai prudente: “Ufficialmente, la Santa Sede non ritiene che al momento si possa rilasciare alcuna dichiarazione al riguardo. Esiste una definizione molto tecnica di ciò che potrebbe essere un genocidio”. Non è detto che in futuro quel termine sarà da lui usato. Il profilo che emerge è quello che si delineò il giorno stesso dell’elezione, quando fu descritto un Pontefice pronto a tutto pur di salvaguardare l’unità della Chiesa. Da qui gli incontri anche con persone che probabilmente non si inviterebbero a cena, ma che il ruolo impone di far sedere al proprio tavolo. Leone XIV è oltre il tema, fin troppo abusato, della continuità/discontinuità. Davanti a sé ha (in teoria, s’intende) un pontificato lungo, ben più dei “quattro anni” ipotizzati da Francesco. Il tempo è dalla sua parte. La fretta, è ormai acclarato, non fa parte del suo stile.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.