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il pontefice
Nella testa di Leone XIV
Cosa pensa? Cosa farà? Quando? Più d'un cardinale s'interroga sul governo del Papa americano e sulle sue prossime mosse
Robert Francis Prevos ha ascoltato tutto e ha deciso di prendersi una lunga pausa di riflessione e di preghiera prima di decidere. Niente scelte dettate dall’impulso, niente rese di conti interne o agnelli da sacrificare “sull’altare dell’ipocrisia”
L’ha detto anche il cardinale filippino, già papabile, Pablo Virgilio Siongco David: “Non posso entrare nella testa di Leone XIV”. Lo sussurrano, in conversazioni private, anche tanti suoi confratelli, che si domandano cosa, come e quando il Papa prenderà le decisioni che tutti (loro) s’attendono. Anche se non esplicitato, il riferimento e la memoria vanno inevitabilmente al 2013, quando ben altra rapidità dimostrò Francesco nel prendere in mano le briglie della macchina vaticana. Quindici giorni dopo la sua elezione nominò il successore a Buenos Aires, istituì il “consiglio della Corona” per riformare la curia e per aiutarlo nel governo della Chiesa universale. Mostrò con forza che al comando c’era lui ed era ben determinato a mettere a terra le richieste avanzate nel corso delle congregazioni generali che precedettero il Conclave, segnate da un j’accuse corale alla gestione curiale del cardinale Tarcisio Bertone. Si chiedeva rapidità e quando tardava la nomina del nuovo segretario di stato – che sarebbe comunque arrivata ad agosto – qualche porporato iniziò a mostrarsi insofferente, chiedendo tramite interviste, soprattutto oltreoceano, di fare presto.
Ma Leone non è Francesco. Anche lui ha sentito i richiami all’unità nelle affollate riunioni prima dell’ingresso in Sistina, ha constatato la messa all’indice di certe decisioni del predecessore, contestate perfino da cardinali da Jorge Mario Bergoglio creati e a lungo suoi fidati collaboratori. Ha ascoltato tutto e ha deciso di prendersi una lunga pausa di riflessione e di preghiera prima di decidere. Niente scelte dettate dall’impulso, niente rese di conti interne o agnelli da sacrificare “sull’altare dell’ipocrisia”. In un mese e mezzo di pontificato, Leone XIV non ha confermato alcun prefetto di curia: sono tutti in carica donec aliter provideatur, finché non si provveda altrimenti. Non ha ancora nominato neppure il proprio successore al dicastero per i Vescovi, che gli osservatori più puntuali degli affari vaticani davano per imminente. Papa Prevost è uomo di profilo bassissimo: agisce ma non ama le fanfare. A inizio giugno riceveva in udienza il cardinale Sean O’Malley, che da un anno domandava pubblicamente che i mezzi di comunicazione della Santa Sede rimuovessero ogni riferimento al discusso ex gesuita (ex perché cacciato) Marko Ivan Rupnik, accusato di molteplici abusi psicologici e fisici da una dozzina di religiose. Guarda caso, un paio di giorni dopo l’udienza, i media d’oltretevere non avevano più traccia dell’arte di Rupnik. Il tutto senza comunicati, interviste, pubblicità.
In una recente intervista all’agenzia Sir, mons. Luis Marín de San Martín, sottosegretario del Sinodo dei vescovi ma prima di tutto agostiniano che conosce Prevost da decenni, ha offerto elementi utili non solo a definire lo stile del nuovo Papa ma anche a comprendere quale potrebbe essere il modo operativo di governare: “E’ un uomo semplice ma non ingenuo, gentile ma non insicuro, paziente ma non debole. E’ il suo carattere, ma coltivato nella preghiera e nell’attività pastorale. Ha una forte dimensione sociale, è un uomo che ama la giustizia, che cammina con il popolo, che ascolta. Il suo sacerdozio è popolare nel senso più profondo: stare con, servire, condividere, accompagnare. Non lavora in maniera individualistica e solitaria, ma ascolta, non accentra e, dopo aver riflettuto, decide con responsabilità e risolutezza. Papa Leone non è un uomo astratto né teorico, ma è immerso nel mondo. E’ una guida che accompagna, non che domina. Ha una grande capacità di leadership”. Si comprende allora che non è questione di continuità o di discontinuità, di cesure con l’immediato predecessore e improbabili ritorni a epoche non torneranno più. Leone XIV, più semplicemente, non è avventato. E se la priorità assoluta è l’unità della Chiesa – in illo uno unum è il suo motto, “In Colui che è uno siamo uno” – non vi saranno gesti di rottura con le anime che quella stessa Chiesa abitano. Ieri mattina, incontrando i seminaristi giunti a Roma per il loro Giubileo, il Papa ha detto: “Se vi prenderete cura del vostro cuore, con i momenti quotidiani di silenzio, meditazione e preghiera, potrete apprendere l’arte del discernimento. Anche questo è un lavoro importante: imparare a discernere. Quando siamo giovani, ci portiamo dentro tanti desideri, tanti sogni e ambizioni. Il cuore spesso è affollato e capita di sentirsi confusi. Invece, sul modello della Vergine Maria, la nostra interiorità deve diventare capace di custodire e meditare. Capace di synballein – come scrive l’evangelista Luca: mettere insieme i frammenti. Guardatevi dalla superficialità, e mettete insieme i frammenti della vita nella preghiera e nella meditazione, chiedendovi: quello che sto vivendo cosa mi insegna? Cosa sta dicendo al mio cammino? Dove mi sta guidando il Signore?”. Parlava ai seminaristi giunti da ogni parte del mondo, ma sembrava anche indicare il suo metodo di lavoro.