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diplomazia vaticana
Per il Papa il colpevole della guerra è solo uno: Putin
Se la posizione del cardinale Robert Francis Prevost sulla questione era chiara – c'è un'intervista video a dimostrarlo – trattandosi a suo giudizio di una “invasione imperialista russa” che ha comportato e comporta “crimini contro l'umanità”, ora si ha la conferma che la postura papale non ha prodotto ripensamenti
Leone XIV cassa l’equidistanza fra Mosca e Kyiv e riporta al comando la Segreteria di stato: è la Russia, per Leone XIV, che deve compiere un gesto per la pace. Non altri
Roma. La telefonata richiesta da Vladimir Putin a Leone XIV rompe un silenzio che durava da quattro anni, ultima occasione in cui il presidente russo e il Papa si parlarono di persona. Non era ancora scoppiata la guerra e Putin restava uno degli interlocutori privilegiati di Francesco, che solo Angela Merkel ricevette più di lui in Vaticano, tra i grandi leader internazionali. Quel Putin che all’inizio del pontificato – almeno fino all’annessione della Crimea – era stato uno dei riferimenti del Pontefice argentino, con tanto di “mandato” e benedizione a evitare che i caccia occidentali contribuissero con un attacco militare su Damasco a spodestare Bashar el Assad dal potere in Siria. C’era stato l’abbraccio con Kirill a Cuba, era proseguito l’invio di messaggi aperturisti e votati alla speranza, ma l’attacco contro “la martoriata Ucraina” ha segnato un solco evidente.
Restava però – ancorché smentita ufficialmente dagli interpreti del pensiero papale – il mantenimento di una certa equidistanza: “Andrò a Kyiv solo se potrò andare a Mosca”, diceva Francesco, dopo aver cercato canali diretti con l’ambasciata russa presso la Santa Sede. Peggiorando il quadro con dichiarazioni a mezzo stampa in cui diceva che “quando vedi che sei sconfitto devi avere il coraggio della bandiera bianca”, oltre alla ben nota affermazione – detta da altri e da lui riportata, ma non è che cambi molto – secondo cui “la Nato abbaia ai confini della Russia”. Il che aveva già compromesso ogni minimo spiraglio di mediazione da parte di Roma.
Con Leone XIV il registro è cambiato e Putin deve aver compreso di avere davanti una personalità diversa, assai meno disposta a considerare le ragioni del Cremlino. Nella telefonata di mercoledì, secondo quanto riportato dai russi, Putin ha ringraziato il Papa per “la sua disponibilità a partecipare su base depoliticizzata alla risoluzione di gravi questioni umanitarie”, ha ribadito che “la Russia vuole la pace ma l’Ucraina cerca l’escalation”, ha informato Leone sullo scambio di prigionieri in corso e sul ricongiungimento dei bambini con i genitori e – dettaglio non trascurabile, ha auspicato che la Santa Sede sostenga più attivamente la libertà religiosa in Ucraina. La nota vaticana giunta in serata aggiunge che il Pontefice “ha fatto un appello affinché la Russia faccia un gesto che favorisca la pace”. Se la posizione del cardinale Robert Francis Prevost sulla questione era chiara – c’è un’intervista video a dimostrarlo – trattandosi a suo giudizio di una “invasione imperialista russa” che ha comportato e comporta “crimini contro l’umanità”, ora si ha la conferma che la postura papale non ha prodotto ripensamenti: è Mosca, per Leone XIV, che deve compiere un gesto per la pace. Non altri. Lo si era già intuito al termine del primo Regina Coeli dopo l’elezione, quando aveva detto: “Porto nel mio cuore le sofferenze dell’amato popolo ucraino. Si faccia il possibile per giungere al più presto a una pace autentica, giusta e duratura. Siano liberati tutti i prigionieri e i bambini possano tornare alle proprie famiglie”. Pochi giorni dopo, aveva ricevuto in udienza Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo di Kyiv e capo e padre della Chiesa greco-cattolica ucraina, al quale ribadiva che “io sono con il popolo ucraino. La Santa Sede continua e continuerà a sostenere ogni iniziativa e a creare le condizioni necessarie per il dialogo e accompagnerà il popolo ucraino in questo terribile tempo della storia”.
Se Francesco, pur condannando l’azione militare russa cercava di mantenersi in una posizione di equilibrio (benché sempre più insostenibile), Leone XIV sembra porsi più in linea con l’azione della Segreteria di stato, che non sempre è parsa sovrapponibile a quella di Francesco sul dossier in questione. Si pensi solo che mentre Bergoglio rifletteva sul ruolo provocatorio della Nato nell’Europa orientale, dal palco dell’Onu il segretario per i Rapporti con gli stati, mons. Paul Richard Gallagher, diceva che “in questa guerra crudele la Santa Sede sta con Kyiv e ne sostiene pienamente l’integrità territoriale”. Non proprio la stessa cosa che un invito ad alzare bandiera bianca, bensì una precisa e pubblica scelta di campo.