
Papa Leone XIV (foto LaPresse)
Sant'Agostino e la dottrina anti bandiera bianca
La sfida di Leone XIV: difendere la pace senza cedere alla cultura della resa
Cosa vuol dire pace quando si parla di Pontificato? Alternative alla dottrina Francesco. La guerra giusta esiste, come la pace giusta, e alzare bandiera bianca, di fronte ai conflitti, non è un obbligo imposto dal cristianesimo. È una scelta di campo
È stata la prima parola che ha usato: pace. È stata la parola che ha più ripetuto ieri a San Pietro: pace. È stata la sua prima preghiera pronunciata da Pontefice: la pace sia con tutti voi. Papa Leone XIV, da ieri, è il successore di Papa Francesco e ha scelto di iniziare il suo Pontificato da dove lo aveva terminato il suo predecessore: la pace.
La Chiesa di Francesco, lo sappiamo, la Chiesa degli ultimi, la Chiesa dei poveri, è stata una Chiesa che per molto tempo è stata associata proprio alla parola pace. E fino all’ultimo, Francesco ha cercato di fare di tutto per essere considerato esattamente come lo ha ricordato ieri Robert Francis Prevost: il Papa della pace. Pace, pace, pace. Ma cosa vuol dire pace quando si parla di Chiesa? La dottrina di Papa Francesco, sul tema della pace, è stata una dottrina non neutrale ma politicamente schierata, per così dire. Perché il fine di Bergoglio non è mai stato quello di difendere, in giro per il mondo, l’aggredito dall’aggressore ma è stato quello di fare tutto il possibile, semplicemente, per far cessare i conflitti, chiedendo spesso all’aggredito di fare un passo in più per andare incontro alle esigenze dell’aggressore.
L’idea che l’unico atteggiamento cristiano sia “alzare le mani”, e auspicare la pace, non è però un atteggiamento necessario, doveroso, inevitabile. È una scelta, È una scelta di campo. È una presa di posizione discrezionale, non obbligata. Il male non prevarrà, ha detto ieri Papa Leone XIV, e in questa espressione si può sperare, senza essere troppo ottimisti, che la Chiesa del prossimo futuro possa svoltare rispetto a quella del recente passato. Perché una Chiesa che ha intenzione di difendere sé stessa, la sua identità, i suoi credenti, non può non rendersi conto che le guerre che minacciano il mondo non sono un insieme di sommatorie regionali, non sono film diversi, non sono guerre mondiali a pezzi, ma sono parte della stessa pellicola all’interno della quale i nemici dell’occidente giocano di squadra e cercano di perforare l’occidente facendo leva sulle sue divisioni, infilandosi nel suo ventre molle e approfittando anche dell’incapacità avuta in questi anni dal pontificato di essere un argine contro tutti quegli estremismi politici e nazionalismi religiosi che con coerenza hanno incendiato il mondo, riuscendo nell’impresa di trasformare l’occidente aggredito in un occidente aggressore. La visione pacifista della Chiesa è comprensibile, ovvio, ma, come abbiamo visto negli ultimi anni, portata a certi livelli, rischia di negare la legittimità morale della difesa dell’occidente fino a ripudiare un principio invece fondamentale: la guerra giusta esiste, anche nel cattolicesimo, e quando si è aggrediti la difesa senza forza non è pace ma è resa. Il nuovo Papa, se vuole cercare di creare discontinuità dalla Chiesa di Francesco, avrebbe numerosi appigli dottrinali a cui fare riferimento, e da cui trarre ispirazione. E il fatto che ieri, Leone XIV, oltre ad aver parlato di pace, ha ricordato di essere “un figlio di sant’Agostino” potrebbe permettere di farci coltivare una piccola speranza sul futuro. Prendere spunto da sant’Agostino, quando si parla di pace, e quando si parla di “male che non deve prevalere”, riporta alla mente la famosa lettera numero 189, scritta nel 417 dopo Cristo proprio da sant’Agostino.
Una lettera famosa in cui Agostino spiegò con parole chiare che una guerra accettabile esiste. “La pace deve essere nella volontà e la guerra solo una necessità, affinché Dio ci liberi dalla necessità e ci conservi nella pace. Infatti non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace! Anche facendo la guerra sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi”. E poi ancora: “Le guerre giuste sono quelle che si fanno per punire un’ingiustizia, quando una nazione o uno Stato deve essere costretto, con la guerra, a riparare il male fatto o a restituire ciò che ha tolto ingiustamente” (De civitate Dei, XIX, 7). E ancora: “Presso i veri adoratori di Dio son pacifiche anche le guerre, le quali non si fanno per cupidigia o per crudeltà, ma per amore della pace, ossia per reprimere i malvagi e per soccorrere i buoni” (Contra Faustum Manichaeum, libro XXII, capitolo 74). La pace giusta esiste, eccome se esiste, come la guerra giusta, che a volte serve per difendere la pace. E per ricordarlo potrebbe essere utile prendere spunto dal catechismo della Chiesa cattolica (paragrafo 2309 del documento dottrinale pubblicato nel 1992 sotto Giovanni Paolo II), in cui il concetto di guerra giusta viene esposto ancora con più chiarezza – il male non prevarrà – e in cui si specifica che per essere giusta una guerra deve essere un atto di “autodifesa”, in cui l’intervento deve avvenire solo dopo il fallimento di altri mezzi per fermare un danno “duraturo, grave e certo” e che l’intervento deve avere “serie possibilità di successo” e non portare a “mali o disordini più gravi del male che si propone di eliminare”. Si può prendere spunto da qui, per capire cosa significa lavorare per la difesa della pace senza cedere alla cultura della resa. E si può prendere spunto, volendo anche da molto altro.
Per esempio, da Pio XII, Papa dal 1939 al 1958, che pur essendo stato un Pontefice pacificatore riconobbe pubblicamente che il ricorso alla forza può essere legittimo quando si tratta di difendere i diritti fondamentali: “Non ogni guerra è di per sé ingiusta. Vi sono casi in cui la guerra è un mezzo necessario per difendere la giustizia e la libertà” (Discorso al Congresso Internazionale di Studi Storici, 1955).
Si può prendere spunto da qui ma volendo anche da altro. Anche da Benedetto XVI, per dire, che nel 2005, in un’intervista dedicata al tema della crisi delle culture, disse che “la pace non è possibile senza giustizia. Ma quando la giustizia è calpestata, la pace stessa diventa un’illusione. La forza, in taluni casi, può essere uno strumento per ristabilire la giustizia”. Papa Leone XIV, per ragionare su cosa significhi difendere la pace, potrebbe prendere spunto anche da Jacques Maritain, filosofo cattolico francese vissuto tra il 1882 e il 1973, appassionato di Tommaso d’Aquino, che sosteneva, durante la Seconda guerra mondiale, il diritto a un intervento umanitario giusto, e nel caso specifico, durante la guerra contro il nazismo, da filosofo pose l’accento sulla necessaria difesa della civiltà cristiana, ma solo per liberare gli individui, non per dominarli. Le sfide del prossimo pontificato saranno molte, naturalmente. Ma proteggere il mondo libero dagli estremismi che con coerenza cercano di fare a pezzi il mondo che difende la libertà dovrebbe essere una priorità per un Papa deciso a difendere la pace dai suoi aggressori. La guerra giusta esiste, come la pace giusta, e alzare bandiera bianca, di fronte ai conflitti, non è un obbligo morale imposto dal cristianesimo. E’ una scelta di campo, è il riflesso di una precisa visione del mondo, è la spia di un’incapacità a considerare la battaglia contro il male come un elemento centrale della dottrina cristiana. “La legittima difesa – si legge al paragrafo 2.265 del catechismo – può essere non solo un diritto ma un dovere grave per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune impone talvolta la messa fuori condizione di nuocere dell’aggressore. A tale titolo, i legittimi detentori dell’autorità hanno il diritto di respingere con le armi gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità”. We have a dream: un pontificato nemico della guerra, certo, ma nemico anche della resa e del partito della bandiera bianca. Si vis pacem, para bellum.
Auguri a Leone XIV.