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La via per la salvezza
La domanda sulla replicabilità della Chiesa modello Bergoglio
Rimanere all’interno di una prospettiva totalmente incentrata sulla condanna dell’occidente e del suo sistema economico rischia di non rispondere a quella “domanda di senso” a cui si dovrebbere rispondere in modo adeguato. Serve qualcosa di più del messianesimo degli scarti e delle vittime
C’è una parola spaventosa, sovraccarica, retorica, e allo stesso tempo un po’ piagnucolosa che uno dovrebbe sempre ben guardarsi dall’usare ma che purtroppo, prima o poi, in mancanza d’altri termini e per parlare di certe cose tocca scrivere, e questa parola è “senso”. O, ancora meglio, “ricerca del senso”: della vita, della morte, dell’esserci, del non esserci. Si potrebbe dire che la ricerca del senso è insensata, e che probabilmente l’unico senso della ricerca del senso sia la ricerca stessa. Ma, evitando giochi linguistici, possiamo dire che una simile espressione riceve vento nelle vele proprio nei giorni che ci portano all’elezione del nuovo Papa. Che via indicherà per la salvezza? Quale senso potrà donare alle nostre vite il suo messaggio? Sarà simile a quello di Francesco? Sarà un ritorno a Ratzinger? Sarà qualcosa di totalmente diverso?
Marginalmente, da laico cresciuto interamente all’interno dell’orizzonte cristiano e genericamente interessato ai fenomeni del pensiero, o più grandiosamente alle “manifestazioni del logos”, non posso non guardare alla Chiesa come a un nucleo, nonostante tutto, ancora pulsante di energia spirituale. Come al luogo da cui si irraggia ancora un messaggio di tale potenza da non poter lasciare indifferenti.
In estrema sintesi, la domanda “sul senso della vita” che, al di là delle ironie, prima o poi ogni uomo degno di questa classificazione si pone, ha frequentemente come risposta la tensione alla trascendenza, ossia alla percezione che la realtà della vita stia nel superarsi della vita stessa (poi questa può essere una tensione intramondana o ultramondana). Se la Chiesa non predica anche attorno a questo “senso”, o se perde di vista questa tensione alla trascendenza, non perde una buona parte della potenza del proprio messaggio? Senza “verticalità”, senza tensione verso l’alto, verso la salvezza, la Chiesa non dissolve una buona parte del messaggio che ha permesso l’evangelizzazione dei popoli? Se Cristo non salva dalla morte, se non vi è questa speranza, non perdiamo per intero il messaggio cristiano? Allora in quel caso davvero rimane solo l’idea della Chiesa come ong un po’ più sofisticata e con maggiore ritualità, ma la carne viva del suo messaggio rimane nuda, anzi, vuota.
Se il cielo è vuoto che senso ha l’uomo? Che senso ho io, la mia vita, i miei dolori, i miei affetti, il mio impegno? In fin dei conti sono queste le domande esistenziali attorno a cui ruota la possibilità della Chiesa di fornire una risposta unica e originale. E’ questo l’apparato spirituale-esistenziale che ha reso il messaggio cristiano ancora insuperato e forse insuperabile. Ma se la Chiesa non tiene sempre al centro della propria predicazione questa dimensione metafisica e trascendente, non si perde per intero? Non è forse nella risposta a queste domande che sta la Verità del messaggio cristiano?
Ecco, la questione della Verità negli ultimi anni sembra interamente scomparsa dall’orizzonte della Chiesa. Ma la questione della Verità è la questione delle questioni. Se non c’è Verità da professare, cosa resta alla Chiesa? Verso cosa si può tendere, se non c’è una predicazione della Verità? Detto con il massimo rispetto, da osservatore mi è sembrato che il papato di Francesco, con tutta la sua pur indiscutibile forza, abbia spinto verso una sorta di radicale movimento kenotico della Chiesa, a uno svuotamento assoluto di sé, a un abbassamento che è solo abbassamento, senza alcuna dinamica dialettica che dopo “l’abbassamento” della kenosis e dell’incarnazione nelle cose del mondo trovi nella “resurrezione” il momento di sintesi che riporta “in alto”. Ecco, senza tensione verso la Verità si rimane in basso, in mezzo agli umili e agli ultimi, che è cosa fondamentale ed evangelica per la Chiesa, ma insufficiente se manca la promessa di innalzare, di portare in alto verso la Salvezza. Per la “salvezza” mondana ci sono istituzioni molto più efficaci: dal libero scambio al welfare statale.
Rimanere, in futuro, all’interno di una prospettiva che sia totalmente incentrata, per fare una sintesi giornalistica, sulla condanna dell’occidente e del suo sistema economico, e su un profetismo degli ultimi del mondo, rischia di non rispondere a quella “domanda di senso” che invece si alza poderosa dall’occidente e a cui la Chiesa può rispondere in modo adeguato, ma serve qualcosa di più del messianesimo degli scarti e delle vittime. Il cristianesimo, del resto, nella sua predicazione sulla vittima, così fondamentale per lo sviluppo della coscienza occidentale e di buona parte del mondo, ha avuto pienamente successo. Però, oggi, siamo giunti a un paradosso perverso. Come spiega in maniera insuperabile Renè Girard in Vedo Satana cadere come la folgore: “un perpetuo gioco al rialzo trasforma la preoccupazione per le vittime in un’ingiunzione totalitaria, in un’inquisizione permanente. […] Noi ci troviamo in un ultracristianesimo caricaturale, che cerca di sfuggire all’orbita giudaico-cristiana ‘radicalizzando’ la pietà per le vittime in senso anticristiano”.


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