l'intervento

Lo diceva anche San Francesco: non ci può essere pace se non c'è giustizia

Fra Domenico Rosa

Continuare a parlare di pace senza pagarne il prezzo, cioè senza crearne le condizioni, è inutile. Le parole di Agostino, Francesco d’Assisi, Filippo Neri, Giovanni Maria Vianney e tanti altri 

Agostino, Francesco d’Assisi, Filippo Neri, Giovanni Maria Vianney e tanti altri hanno condannato senza appello il peccato di chi “sotto la lingua porta il veleno” anche invocando metodi che definiremmo poco ortodossi. Proprio perché la pace non ci può essere se non si rimuove l’ingiustizia. Continuare a parlare di pace senza pagarne il prezzo, cioè senza crearne le condizioni, è inutile. E la prima ingiustizia parte appunto dalla parola, come ci ricordano gli uomini di Dio. “Le parole che escono dal cuore entrano nel cuore”. L’adagio attribuito al rabbino Ibn Ezra ci ricorda, in tempi in cui soffiano sempre più violentemente venti di guerra, come tutto parta dalla parola, dal nostro linguaggio che edifica la nostra vita e contribuisce a realizzare la vita degli altri. Le parole possono diventare o provocare azioni perciò, se vogliamo essere costruttori di pace, siamo chiamati a vigilare su di esse mettendo in pratica il dettato evangelico: “Sia il vostro parlare sì sì, no no, il di più viene dal maligno” (Mt 5,37).
 

I grandi santi hanno sempre considerato, davvero a ragione, la calunnia, la falsa parola come una colpa grave, un assaggio dell’inferno. È chiaro ai loro occhi come la maldicenza rappresenti lo strumento demoniaco per antonomasia che si abbatte sui giusti e gli indifesi e la sua propagazione è pari alle fiamme di un incendio d’agosto che divampano per chilometri e chilometri. Il vescovo di Ippona ci mette in guardia dall’utilizzo del muscolo orale: “[Dio] Non ti comanda un lavoro faticoso ma ti comanda di frenare proprio il membro che fra tutti gli altri muovi più facilmente: Trattieni la tua lingua dal male”. Il serafico padre invece non si limita ad ammonimenti ma ricorre alla pedagogia del pugno (solo per i confratelli) quando nota una malalingua all’opera. Così invita il suo vicario, Pietro di Cattanio, a prendere provvedimenti al riguardo: “Coraggio, muoviti, esamina diligentemente e, se troverai innocente un frate che sia stato accusato, punisci l’accusatore con un severo ed esemplare castigo! Consegnalo nelle mani del pugile di Firenze, se tu personalmente non sei in grado di punirlo”. Memorabile poi la penitenza che il fondatore dei padri dell’Oratorio diede a una donna dalla lingua lunga e biforcuta: “Prenderai una gallina, percorrerai le vie principali di Roma, strappandole lentamente le piume, che getterai al vento. Poi ritorna da me”. La donna fece quanto richiesto. Dopodiché ricevette dal santo un ulteriore comando: “La penitenza non è ancora finita. Ora devi rifare le strade percorse e raccogliere tutte le piume che hai seminato!”. “È impossibile!” ella esclamò. A quel punto Filippo chiosò: “Così è della maldicenza, dei pettegolezzi e delle calunnie. Facilmente si disperdono ovunque e la riparazione troppo spesso è impossibile”.
 

Anche il Santo Curato d’Ars non va tanto per il sottile, pare si muova sulla stessa linea dell’Assisiate: “Ah! piacesse a Dio di darmi uno dei suoi carboni di cui l’angelo si servì per purificare le labbra del profeta Isaia, perché potessi purificare la lingua di tutti gli uomini! Oh! Quanti mali si potrebbero bandire dalla faccia della terra, se si potesse scacciarne la maldicenza! Potessi, fratelli miei, farvi provare un tale orrore, da ricevere la grazia di correggervi per sempre da questo vizio!”. In tempi più recenti, anche l’attuale papa regnante, Francesco, più di una volta si è espresso in maniera molto dura contro la calunnia. Nel 2015 arrivò a utilizzare un’immagine potente, definendo “terrorista” chi sparge “chiacchiere”, i seminatori di zizzania. “Fare chiacchiere – dichiarò il pontefice – è terrorismo perché quello che chiacchiera è come un terrorista che butta la bomba e se ne va, distrugge: con la lingua distrugge, non fa la pace”.

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