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Il cardinale Kasper contro i vescovi tedeschi: "Non finirà bene"

Il cardinale si scaglia contro la scelta di promuovere un Consiglio sinodale che "viola la struttura sacramentale della Chiesa"

Matteo Matzuzzi

Le speranze del Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani sono tutte riposte sul Sinodo universale che nel 2024 dovrà approvare "risoluzioni concrete"

Roma. “Continuare ora con questo progetto nonostante le critiche di Roma e creare un fatto compiuto può essere inteso solo come una sfida provocatoria e non può finire bene”. Il progetto in questione è il Comitato sinodale tedesco e a sfogare tutta la sua disapprovazione è il cardinale Walter Kasper. In un’intervista rilasciata alla rivista teologica Communio (quella che tra i suoi fondatori ebbe Joseph Ratzinger, tra l’altro), Kasper manifesta tutte le sue perplessità per quanto sta accadendo nella Chiesa di casa sua. Non è una novità, perché da tempo il porporato, teologo di rango e principe dell’ala progressista, lancia allarmi sulle derive del Synodale Weg, ma stavolta argomenta la sua opposizione su un piano sostanziale. Il Comitato sinodale dovrebbe preparare la strada a un futuro Consiglio sinodale, fatto in egual numero da vescovi e laici, con poteri anche esecutivi. Dice il cardinale: “Non c’è legittimazione di un Consiglio sinodale con un numero uguale di vescovi e laici nel processo sinodale della Chiesa universale. Tale questione non è stata nemmeno affrontata durante il processo sinodale e le obiezioni romane sono state più che chiare”. Un Consiglio sinodale così immaginato “significherebbe senza dubbio violare la struttura sacramentale della Chiesa”. Spiega Kasper: “L’autorità è legata al ministero che viene dato e autorizzato dall’ordinazione sacramentale. Ciò include il fatto che un vescovo si consulti con gli organi sinodali e dia un resoconto della sua decisione.  Tali consultazioni regolari tra la Conferenza episcopale e lo ZdK (Comitato centrale dei cattolici tedeschi) si svolgono a livello nazionale dal Sinodo di Würzburg (1971-1975, ndr). Non c’è nulla che impedisca che queste consultazioni diventino più importanti. Tuttavia, diventerebbe problematico se un Consiglio sinodale fosse in grado di approvare risoluzioni vincolanti a cui il singolo vescovo è canonicamente o moralmente legato. Tale Consiglio limiterebbe o addirittura rimuoverebbe l’autorità del vescovo. Avrebbe quindi più potere della Conferenza episcopale, che secondo l’attuale Codice di diritto canonico (con poche eccezioni) è un organo consultivo”.  Per quanto riguarda i vescovi (la quasi totalità) che si sono dichiarati favorevole all’istituzione del Consiglio sinodale, Kasper dice: “Non mi è chiaro come si possa assumere un impegno all’ordinazione e poi rinunciare agli  obblighi che ne sono essenziali e a cui ci si è impegnati pubblicamente ”. 

 

“L’impegno che ogni vescovo promette pubblicamente alla sua ordinazione episcopale – aggiunge il cardinale tedesco – è la fedeltà al Papa. Come si può conciliare questo con un impegno per un Consiglio sinodale che il Papa disapprova esplicitamente?”. In ballo c’è appunto la stessa autorità sacramentale della Chiesa, come peraltro ha scritto il Papa lo scorso novembre in una lettera inviata a cinque ex partecipanti al Cammino sinodale che vi hanno rinunciato perché contrarie alle derive. Il problema, poi, è la moltiplicazione di organismi, uffici e commissioni: “Non si tratta  di creare ulteriori nuove strutture, ma piuttosto di riorganizzare le strutture esistenti nello spirito della sinodalità e renderle meno burocratiche e più spirituali”. A stretto giro è arrivata la risposta del vicepresidente del Comitato dei cattolici tedeschi, Thomas Söding, che ha rispedito al mittente le accuse sostenendo che il progetto del Consiglio sinodale è in linea con le riforme di Papa Francesco e che ora l’obiettivo diventa quello di elaborare uno statuto che deliberi in merito anche ai piani pastorali. Söding è convinto che la partita sarà vinta e che la Chiesa cattolica di Germania farà da apripista per una riforma globale. Anche perché – e sul punto ha ragione – i tedeschi non sono affatto isolati e diversi episcopati, non solo europei, hanno recepito diversi punti discussi e approvati durante il Synodale Weg. 

Già nel 2022 Walter Kasper aveva giudicato “fallito” il processo sinodale tedesco e fin da allora le sue speranze erano riposte sul Sinodo universale voluto dal Papa. Lo scorso autunno si è tenuta a Roma una prima fase “globale”, a ottobre si tireranno le somme. E qualcosa di sostanzioso è lecito attenderselo: “Le domande rimaste aperte saranno affrontate al Sinodo dei vescovi del 2024”, in particolare quelle riguardanti le questioni specifiche e più divisive. Alcuni, ricorda al cardinale l’intervistatore Jan-Heiner Tück hanno comunque già parlato di “piccola rivoluzione”, mentre altri hanno parlato di un risultato fin qui “non abbastanza coraggioso”. Secondo Kasper, è sbagliato parlare di rivoluzione: “Il Sinodo ha seguito la linea del Concilio Vaticano II e ha sviluppato i suoi approcci con coraggio, ma anche all’unisono. Lo stile spirituale, intervallato dalla preghiera, ha contribuito in modo significativo a questo. La prova del coraggio arriverà solo al Sinodo del 2024, quando dovranno essere approvate risoluzioni concrete”. E in ogni caso,  “le questioni che non saranno riprese in autunno non cadranno necessariamente in disparte, ma potrebbero anche essere trasmesse ad altre commissioni o istituzioni o, se necessario, a futuri sinodi per essere prese in considerazione”. E’ il principio della sinodalità permanente. Un Sinodo che in futuro potrà avere anche poteri deliberativi e non solo – come oggi – consultivi. Un disegno che oggi appare complicato, considerate le posizioni sovente agli antipodi degli episcopati su questioni morali (vedasi Fiducia supplicans, ad esempio) non proprio secondarie.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.