Alcuni dei fini dichiarati da Francesco sono in conflitto con i mezzi da lui indicati: l'universalismo mal si concilia con una visione economica scettica nei confronti della globalizzazione. Sostenere assieme la causa dell’immigrazione e l’irrigidimento delle regole del mercato del lavoro finisce per alimentare quelle tensioni sociali che il Papa biasima
Nell’ultima lettera enciclica di Papa Francesco, Fratelli tutti, la parola “popolo” ricorre 58 volte. Francesco insiste più e più volte sul concetto di inclusione, parla di un “popolo capace di raccogliere le differenze”. Ma esprime dichiaratamente diffidenza per quelle dottrine per cui “la categoria di popolo è una mitizzazione di qualcosa che in realtà non esiste”: per quel pensiero, cioè, che si ostina a ragionare pensando ai singoli individui. Ai loro diritti, alla loro libertà, al loro benessere. Ha ragione Claudio Cerasa quando nota che alcuni dei fini dichiarati di Francesco sono in patente conflitto con i mezzi da lui indicati: che l’universalismo del Papa mal si concilia con una visione economica profondamente scettica nei confronti della globalizzazione e, più in generale, del ruolo dei singoli individui.
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