Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei (foto LaPresse)

Caspita, è tornata la Cei battagliera

Redazione

“Non servono leggi sulla omotransfobia”. I vescovi avvertono il Parlamento

La Conferenza episcopale italiana, per qualche ora, si è ripresa le aperture dei siti d’informazione, come non accadeva da parecchio tempo. Con una Nota dal contenuto chiarissimo, i vescovi italiani hanno detto la loro sulle varie proposte di legge in discussione alla Camera sui reati di omotransfobia. La posizione della Cei è netta: non serve alcuna legge, perché “nell’ordinamento giuridico del nostro paese esistono già adeguati presìdi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio”. Insomma, “non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni”. Anzi, scrive la presidenza della Conferenza episcopale, “un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre nazioni”.

 

Il rischio concreto è che venga sottoposto a procedimento penale “chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma”. In gioco c’è “la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso”. Una presa di posizione notevole, soprattutto perché arriva dopo anni di profilo basso in cui si preferiva il silenzio sperando in qualche intervento miracoloso che cambiasse il corso degli eventi. E’ la presa d’atto, implicita, che la strategia seguita fin qui ha portato ben pochi risultati (eufemismo), che l’alternativa al battagliare nello spazio pubblico si è resa insussistente. Non servono altre leggi, scrivono i vescovi, ma è necessario semmai “promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona”. E su questo, “non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto”. Anche perché, per contrastare quei reati, esiste già il Codice penale. Che, come dimostrano i processi di questi anni, funziona eccome.

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