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Riesplode il caso degli abusi sui bambini del coro del duomo di Ratisbona

Redazione

Conclusa l'inchiesta promossa dal vescovado su un periodo che va dal 1945 al 1990: oltre 500 minori coinvolti, 67 subirono violenze sessuali. Attacco al fratello di Benedetto XVI: “Fece finta di non vedere” 

Riesplode lo scandalo dei presunti abusi sessuali subiti da centinaia di ragazzi che, negli anni, hanno fatto parte del coro cattolico del Duomo di Ratisbona, il più antico coro di voci bianche del mondo diretto, tra gli altri, dal fratello del papa emerito Benedetto XVI, Georg Ratzinger (dal 1964 al 1973). Riesplode perché non è la prima volta che l'argomento finisce, accompagnato dall'inevitabile clamore mediatico, alla ribalta delle cronache.

 

Era già accaduto sette anni fa, nel 2010, quando il vescovo di Ratisbona, Gerhard Ludwig Müller (cardinale che lo scorso 1 luglio è stato sostituito da Papa Francesco come prefetto della Congregazione della Fede ndr), ammise, con una lettera pubblicata sul proprio sito internet ed indirizzata ai genitori dei ragazzi, gli abusi. Il portavoce del prelato aveva aggiunto di “avere informazioni su presunti abusi commessi tra il 1958 e il 1973” e che a partire da queste sarebbe stata condotta “un'inchiesta trasparente” per arrivare alla verità. Responsabili delle violenze, si disse all'epoca, erano due religiosi, entrambi morti nel 1984, e comunque già condannati a pene detentive.

 

Oggi “l'inchiesta trasparente” condotta su richiesta del vescovado dall'avvocato Ulrich Weber è arrivata a conclusione. E dal rapporto emerge che furono almeno 547 i bambini vittime per di soprusi e violenze ma che solo per 67 di loro ci furono abusi sessuali. Il periodo preso in considerazione va dal 1945 al 1990, 49 le persone indicate come responsabili anche se difficilmente verranno processate visto che si tratta di reati in gran parte prescritti. Proprio nel 2010 il fratto di Benedetto XVI, che oggi ha 93 anni, si era scusato ammettendo anche di aver dato qualche schiaffo agli allievi ma negando di essere a conoscenza degli abusi. 

 

Weber, però, lo accusa di aver “chiuso gli occhi e di non aver preso misure” per fermare quello che ha descritto come “un sistema della paura”. Il tutto per proteggere l'istituzione. Alle vittime sarà fornito un indennizzo fino di 20.000 euro a testa.