Astrobiologia e teologia unite alla ricerca della vita extraterrestre

Matteo Matzuzzi

La Civiltà Cattolica sulle implicazioni della "nuova scienza"

Roma. “Quale ricerca astrobiologica potrebbe promuovere una comprensione teologica della creazione e della vita umana fondata sull’Incarnazione e animata da essa?”. E ancora, “come possono sostenersi a vicenda teologia e astrobiologia?”. Sono le due domande che il gesuita Andrea Vicini, docente al Boston College, pone in un lungo articolo che compare nell’ultimo numero della Civiltà Cattolica. Prima di dare una risposta ai quesiti, è utile spiegare cosa sia l’astrobiologia e già qui sorge il primo problema, visto che essa “sta ancora definendo la propria specificità scientifica, i propri ambiti di ricerca, il proprio statuto disciplinare”. A ogni modo, si può convenire con la definizione di David Catling, secondo cui “l’astrobiologia studia l’origine e l’evoluzione della vita sulla Terra e la possibile varietà della vita altrove”. Precisava l’astrobiologo e teologo Lucas Mix che “l’astrobiologia non studia la vita aliena”, anche se è del tutto contemplata l’esistenza della vita “in un contesto cosmico”. A complicare la questione, osserva Vicini, ci s’è messa la Nasa, la quale nel 2008 sosteneva che “l’astrobiologia include la ricerca di pianeti potenzialmente abitati oltre il nostro sistema solare, l’esplorazione di Marte e dei pianeti più distanti, gli studi di laboratorio e le investigazioni per indagare l’origine e l’evoluzione iniziale della vita e gli studi sulla capacità potenziale della vita di adattarsi alle sfide future, sia sulla Terra sia nello spazio”.

 

Insomma, il campo di ricerca è amplissimo e ancora in gran parte inesplorato. Proprio per questo è necessario considerare le implicazioni sociali e politiche di questa “scienza nuova”, attraverso una regolamentazione che, possibilmente, dovrebbe richiamarsi ai princìpi propri della dottrina sociale della chiesa, e cioè la democratizzazione, la trasparenza, l’accessibilità e la diffusione. Lucas Mix invitava a non confondere l’astrobiologia con la ricerca di intelligenza extraterrestre, anche se – ammetteva – “esiste un’enorme sovrapposizione tra i due ambiti di ricerca”. Non che la chiesa sia chiusa all’ipotesi di considerare l’esistenza di forme di intelligenza extraterrestri. Tutt’altro. Il direttore della Specola vaticana, l’astronomo statunitense Guy Consolmagno, spiegava qualche anno fa che “l’idea che nello spazio ci siano altre forme di vita intelligente non è in contrasto con il pensiero tradizionale cristiano. Per noi credenti, lo studio dell’universo è una meravigliosa avventura che ci riempie di stupore. Non possiamo pensare che Dio sia così limitato da aver creato esseri intelligenti solo sulla Terra. L’universo potrebbe benissimo contenere altri mondi con esseri creati dal suo stesso amore”.

 

Risposta che fa il paio con quella che dà Vicini, quando ricorda che secondo alcuni “se l’astrobiologia scoprisse altre forme di vita nello spazio, l’esistenza stessa delle attuali religioni ne risulterebbe gravemente minacciata”. Il punto è di chiarirsi su quale sia questa religione. Infatti, “nel cristianesimo, il mistero dell’Incarnazione, avvenuto in Gesù Cristo in un momento preciso del tempo e in un luogo determinato dello spazio, manifesta l’ospitalità accogliente e inclusiva del divino nei confronti della creazione e dell’umanità”. E’ chiaro dunque che – scrive ancora la Civiltà Cattolica – “niente e nessuno è escluso dall’abbraccio amorevole di Dio in Gesù e con lo Spirito Santo”. Dunque, nessuna contraddizione. Alla fine, a risolvere la questione è ancora Consolmagno, che commentando sull’Osservatore Romano la scoperta di sette nuovi pianeti extrasolari scriveva: “Credete che ci sia vita in qualche altra parte dell’universo? E’ una domanda che agli astronomi viene posta in continuazione. Ed è la domanda giusta: la vita nell’universo è, finora, una questione di fede. Non abbiamo dati a indicare che una tale vita esista. Ma la nostra fiducia nel fatto che la vita esiste è abbastanza forte da renderci disponibili a fare lo sforzo di cercarla”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.